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venerdì 13 gennaio 2012

Considerazioni sull'uso e il consumo del "sesso estremo”.

Disegno di Man Ray


Se su Google digito “S/M” mi arriva per prima la definizione di wikipedia che, puntuale, dà notizia di questa pratica sessuale, conosciuta ai più come sadomasochismo, accostandola sbrigativamente, in tre righe, alla devianza e alla perversione.
Io non mi definisco un’esperta in “pratiche sessuali estreme”, non oso farlo, non è mia, in generale, l’abitudine a definirmi in qualche modo come invece fanno, a sproposito, alcuni giornalisti e scrittori. Non lo faccio perché anche se amo, conosco e frequento certe pratiche -e pochi praticanti esperti per la verità-, mi piace parlarne per sottintesi, standone alla larga, cercando comunque di non entrare –o di farlo in punta di piedi- nel merito di qualcosa che rimane rinchiuso nel privato di ognuno.
Così come non pubblicizzo le mie amicizie, i miei rapporti e tutto quanto di spettacolare mi è capitato nella vita, e se non mi dico “esperta” è semplicemente perché per me, nulla, in certi ambiti, è spettacolare, strano, deviato o perverso.
Rido pensandomi rinchiusa all’interno di una definizione, una qualunque, e mi fa orrore l’idea di essere riposta –quando e se arriverà il mio tempo- sullo scaffale di una libreria tra la letteratura di “genere” erotico o peggio “femminile” e mi dà già allergia l’idea di essere definita opinionista, critica, giallista o romanziera. Ma visto che siamo stati addestrati a comprare guardando sempre le etichette e ci pare assurdo non sapere con esattezza gli ingredienti di un determinato prodotto, cerchiamo sul web ciò che dovremmo essere in grado di saper riconoscere da soli.
Attorno al sesso estremo e grazie alla letteratura di serie “C”, si è sviluppato negli ultimi anni un mercato ricchissimo di merchandising, film e manualistica che poco ha a che vedere con la realtà.
Perché la maggior parte dei veri esperti, quelli che da sempre frequentano –e senza troppa pubblicità- questa pratica di sottomissione/dominazione consenziente, acquista i propri strumenti –se proprio servono e non bastano le mani o la cinta- in semplici e poco costosi negozi di ferramenta o casalinghi, non certo nei sexy shop.


Nessuno si può definire un esperto di sesso o delle sue derivazioni. Il sesso riserva continue sorprese e non ci sono limiti né nel numero né nelle forme che il piacere può assumere perché, di fatto, non esiste un manuale d’uso –anche se i più stupidi continuano a sfornarne di nuovi-.
Se guardiamo il sesso come conoscenza e semplice esperienza –visiva, tattile, olfattiva, gustativa e psichica- ci renderemo conto che la fonte del piacere è soggettiva e pertanto indefinibile.
Come si possono elencare le preferenze di ognuno?
Come tracciare la soglia del dolore/piacere o il limite entro cui rimanere?
Ma gli “esperti”, qui, in questa penisola dove ogni ambito va ricoperto, i tuttologi dall’apparenza e dal look giusto, dopo aver messo in fila una ventina di racconti privi di profondità e pieni di luoghi comuni –smalti di ultima tendenza, creme, tutine di latex e vibratori- tracciano linee guida e danno consigli del tipo che il sesso estremo si pratica sapendo che è solo finzione, o che il settanta per cento delle coppie pratica sesso estremo –intendendo con esso, è chiaro, qualche sculacciata sonora e nulla più-.
Il sesso estremo non è finzione.
Anche se esistono un inizio e un termine di una “sessione” sado maso, i segni sul corpo rimarranno indelebili anche per un paio di settimane –la submissive trova in questo il massimo del piacere-, così come la sensazione di bruciore diffuso che farà sentire alla slave la vicinanza con il Master per lo più, e per definizione, irraggiungibile e assente.
Perché questa pratica ha molto a che vedere con il legame mentale di Master e Slave e con il potere che l’uno esercita sull’altro in un continuo gioco di assenza e privazione.
Le punizioni, almeno quelle che io conosco, sono più dolorose se applicate alla mente piuttosto che al corpo.
Quindi non basta, come la maggior parte dei nostri esperti in materia sostiene, indossare un abbigliamento da cubiste e uno sguardo un attimo truce per darsi alla pazza gioia raggiungendo così altissime vette di piacere.
Il sesso estremo è saliva, dolore, attesa, privazione, pissing e umiliazione.

Digitando la parola “Bondage”, pratica derivante dalla stessa matrice ma basata sulla legatura del soggetto sottomesso, ecco che mi si apre un mondo.
È bastato un fatto di cronaca nera perché sia scoppiato il caso e la curiosità. Ed è a questo punto della ricerca che l’inesperta fan del rischio, il nottambulo frequentatore di siti hard core o il marito stanco, s’imbattono in un mondo dei balocchi fatto di personal trainer e coach, corsi e manuali, annunci e promesse che poco hanno a che vedere con lo spirito di certe pratiche e direi con il sesso stesso e perché no, con l’amore in generale perché, che lo vogliate o no, queste pratiche si basano sulla fiducia.
I soliti esperti, che si sono dati per l’occasione a un frenetico e casuale copia incolla tra colleghi, così come le centinaia di Ghostwriter che si ostinano a scrivere finte biografie di vere prostitute, danno di queste pratiche definizioni da supermercato, patinate e che odorano di crema alla Vaniglia. Questi vademecum sono così inutili e così poco autentici, da trarre in inganno sì e no la solita casalinga frustrata e in odore di trasgressioni da sabato sera.
I signori esperti dovrebbero sapere -e sono grandi tanto da potersi applicare un pochino!-, che il sesso non è mai slegato dalla vita quotidiana, non è qualcosa per il quale è necessario infilarsi maschere e non va al di là delle mura domestiche e dei sogni che riponiamo sotto il cuscino ogni notte.
Un Master non ha nulla da imparare e si riconosce da lontano: basta uno sguardo o una parola giusta. Master e Slave si nasce, ed esserlo, come ho ripetuto più volte in altri post, ci porta automaticamente a una condizione di solitudine e ricerca costante.
I millantatori, infatti, si nascondono ovunque.
Quelli che sfuggono la noia quotidiana, cercano riparo in pratiche “diverse” sperando così di cambiare il risultato. Ma non è così semplice.
Il sesso, e questo lo dovrebbero capire anche gli editori, che costringono i più talentuosi –scrittori sicuramente sul filo della devianza e della visionarietà -, ad amputare dai propri scritti le parti più “sconce”-, il sesso, è qualcosa che s’intrufola nel nostro quotidiano senza un disegno prestabilito, che scaturisce d’improvviso, naturalmente, se guardo, per esempio, la mano di un uomo che apre con decisione lo sportello di un’auto o che si aggiusta il bavero del cappotto, un passo svelto, uno sguardo sfuggente.
Esiste chi ha l’arte del comando nel dna e non lo saprà mai –per educazione, religione o pudicizia-, e chi ama stare in ginocchio ai piedi di qualcuno da quando è nato, e che per farlo è passato dalla punizione del padre a quella del parroco a quella del marito, vagando nel buio della propria perenne insoddisfazione per sentirsi, in aggiunta, anche “deviato” o perverso.


Tutto questo parlare degli “esperti”, ha a che vedere con la straordinaria richiesta di “sesso estremo” che il pubblico fa. Mi basta dare un’occhiata alle parole chiave digitate per arrivare al mio blog per capire che le cosiddette perversioni, hanno sull’italiano medio un’incredibile presa, e nella società dell’informatizzazione -più che dell’informazione-chiunque, previa richiesta del direttore editoriale può, armato di buona volontà, mettere insieme qualche informazione di base, sempre attento –per carità- a porre l’accento sulla pericolosità dell’esercizio di tali pratiche, senza mai spiegare il perché.
Il sesso non ha nulla a che vedere con la violenza e non esiste un “sesso estremo light” come chiamato su molti magazine, se è light non può essere estremo. Quindi attenzione: se picchiate vostra moglie perché vi sentite frustrati andate in analisi o da un buon divorzista e se al contrario la bendate e le date qualche pizzicotto e ciò basta a eccitarvi, siete già sulla strada sbagliata, state perdendo tempo con una pratica confezionata da Marketing Manager dell’hard core e che non vi porterà a niente.
Le regole di questa pratica sono poche e vengono generalmente sussurrate dal Master alla neofita submissive.
Una è sicuramente quella di lasciar perdere i travestimenti e di darsi da fare a conoscere il proprio Master, condividerne i gusti e le preferenze, l’altra è quella di accordarsi sulla “safeword” ed essere certi di ricordarla –certe volte si perde completamente il controllo- e soprattutto di essere sempre in condizione di poterla pronunciare; l’ultima regola –assai più romantica- è di ringraziare sinceramente il Master o la Mistress dopo ogni colpo ben dato.
Tutto il resto è attesa, fiducia ben riposta e complicità, totale adesione e amore sconfinato.

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