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domenica 5 agosto 2012

L’incontro con Josiane


Tratto da “L’uomo che ride” di Victor Hugo.

Al di là della bellezza di questo romanzo della maturità di Hugo, e da cui ho estrapolato questi brani, una sorta di monologo visto che l'interlocutore non interviene mai, direi che questo è anche un esempio molto chiaro di ciò che s'intende per amore estremo, e che nulla ha a che vedere con certe fantasie basse e veramente poco "estreme". Qui c'è lirismo e passione, impossibilità di fare a meno della mostruosità e del dolore.
 Le immagini, invece, sono tratte dal film "L'uomo che ride" girato da Paul Leni nel 1928.

«Dal momento che sei qui, vuol dire che così dev’essere. Non voglio saperne di più. C’è qualcuno lassù, o laggiù, che ci spinge uno verso l’altra. Fidanzamento dello Sfige e d’Arora. Fidanzamento sfrenato fuori da ogni legge! Il giorno in cui ti ho visto, ho detto “È lui. Lo riconosco, è il mostro dei miei sogni. Sarà mio”. Il destino va aiutato. Per questo ti ho scritto. Solo una domanda, Gwynplaine: credi alla predestinazione? Io ci credo, da quando ho letto il sogno di Scipione in Cicerone. Ma guarda, non l’avevo notato, un abito da gentiluomo. Tu vestito da signore. Perché no? Sei un saltimbanco. Ragione di più. Un guitto val bene un Lord. Del resto cosa sono i Lord? Dei clown. Sei nobile di statura e molto ben fatto. È inaudito che tu sia qui. Quando sei arrivato? Da quanto tempo sei lì?Mi hai visto nuda? Sono bella non è vero? Stavo per fare il bagno. Oh! Ti amo. Hai letto la mia lettera! L’hai letta da solo? O te l’hanno letta? Sai leggere? Devi essere ignorante. Io ti faccio delle domande, ma tu non rispondermi. Non amo il suono della tua voce. È dolce. Una creatura incomparabile come te non dovrebbe parlare, dovrebbe ringhiare. Hai un canto armonioso. Lo odio. È la sola cosa di te che non mi piace. Tutto il resto è formidabile, tutto il resto è superbo. In India saresti un dio. Sei nato con quel riso spaventoso sulla faccia? No, vero? Senza dubbio si tratta di una mutilazione penale. Voglio sperare che tu abbia commesso qualche crimine. Vieni tra le mie braccia.»
(...)

«Vicino a te mi sento degradata, che gioia!  Com’è insipido essere altezza. Io sono augusta, niente di più faticoso. Decadere è riposante, Sono così satura di rispetto che ho bisogno di disprezzo. Noi siamo tutte un po’ stravaganti, a cominciare da Venere, Cleopatra, e le signore de Chevreuse e de Longgueville, e io per finire. Ti mostrerò a tutti, lo prometto. Ecco una passioncella che provocherà un’ammaccatura alla reale famiglia degli Stuart a cui appartengo. Ah! Respiro! Ho trovato l’uscita. Sono fuori dalla maestà. Essere declassata significa essere libera. Rompere tutto, sfidare tutto, fare tutto, disfare tutto, questo è vivere. Ascolta, ti amo.»
(...)

«Ti amo non solo perché sei deforme, ma perché sei abbietto. Amo il mostro e amo l’istrione. Un amante umiliato, schernito, grottesco, orribile, esposto alle risa su quella gogna chiamata teatro, tutto questo ha un gusto straordinario. È come addentare il frutto dell’abisso. Un amante infamante, che cosa squisita. Affondare i denti nella mela dell’inferno, non del paradiso, ecco ciò che mi tenta, è questa la mia fame e la mia sete, e io sono questa Eva. Le Eva del baratro, tu, probabilmente, senza saperlo, sei un demone. Mi sono tenuta in serbo per una maschera di sogno. Tu sei un burattino di cui uno spettro tiene i fili. Tu sei la visione del grande riso infernale. Tu sei il signore che aspettavo. Mi occorreva un amore come quelli di Medea e delle Canidie. Ero sicura che mi sarebbe capitata una di quelle immense avventure notturne. Tu sei quello che volevo. Ti dico un sacco di cose che tu, forse, fai fatica a capire. Gwynplaine, nessuno mi ha posseduta, io mi do a te pura come la brace ardente. Evidentemente tu non mi credi, ma se sapessi quanto mi è indifferente!»
(...)

«Silenzio! Io ti contemplo. Gwynpleine io sono l’immacolata sfrenata. Sono la vestale baccante. Nessun uomo mi ha conosciuta, e potrei essere Pizia a Delfi e avere sotto il mio tallone nudo il tripode di bronzo in cui, i sacerdoti, coi gomiti appoggiati alla pelle di Pitone, bisbigliano domande al dio invisibile. Il mio cuore è di pietra, ma somiglia a quei sassi misteriosi che il mare fa rotolare ai piedi dello scoglio di Huntly Nabb, alla foce della Thees, e nei quali, spaccandoli, si trova un serpente. Quel serpente è il mio amore. Amore onnipotente, poiché ti ha fatto venire.».
(...)

«Vedi, Gwynplaine, sognare è creare. Un desiderio è un richiamo. Costruire una chimera significa provocare la realtà. L’ombra onnipotente e terribile non si lascia sfidare. Ci soddisfa. Eccoti. Oserò perdermi? Sì. Oserò essere la tua amante, la tua concubina, la tua schiava, cosa tua? Con gioia. Gwynplaine, io sono la donna. La donna è argilla che desidera essere fango. Ho bisogno di disprezzarmi: dà più gusto all’orgoglio. La bassezza è la lega della grandezza. Niente si amalgama meglio. Disprezzami, tu che sei disprezzato. Lo svilimento sotto lo svilimento, che voluttà! Il doppio fiore dell’ignominia! Lo colgo. Calpestami! Mi amerai meglio. Io lo so. E sai perché ti idolatro? Perché ti disprezzo. Tu sei così inferiore a me che ti metto sopra un altare. Mescolare l’alto col basso è il caos, e il caos mi piace. Tutto inizia e finisce col caos. E cos’è il caos? Un’immensa sozzura. E, con questa sozzura, Dio ha fatto la luce e, con questa fogna, Dio ha fatto il mondo. Tu non sai fino a che punto io sono perversa. Metti un astro nel fango, quella sono io.»
(...)

« Gwynplaine, noi siamo fatti l’uno per l’altra. Il mostro che tu sei esteriormente, io lo sono dentro di me. Di qui il mio amore. Capriccio, e sia. Che cos’è l’uragano? Un capriccio. C’è tra noi un’affinità siderale, apparteniamo entrambi alla notte, tu per il tuo viso, io per l’intelligenza. Tu mi crei a tua volta. Arrivi ed ecco la mia anima esteriorizzata. Non la conoscevo. È sorprendente. La tua vicinanza, da me che sono una dea, fa uscire l’idra. Tu mi riveli la mia vera natura. Tu mi fai scoprire me stessa. Vedi come ti somiglio? Guarda in me come in uno specchio. Il tuo volto è la mia anima. Non sapevo di essere così terribile. Anch’io dunque sono un mostro! Oh Gwynplaine, tu mi liberi dalla noia.»

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