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venerdì 9 settembre 2011

A piedi nudi nel parco: basta una soffitta per una grande commedia.


Non ricordavo di aver riso così, ma i film, come le montagne, cambiano secondo il punto di vista, l’umore e la storia personale di ognuno.
Forse perché prima del giro di boa badavo ad altre faccende, perché ero più attenta a seguire la storia d’amore tra Robert Redford e Jane Fonda senza accorgermi che la vera anima di questo film diretto da Gene Saks, è un’altra.
Regista tra gli altri de “La strana coppia” -nata anch’essa dalla penna di Simon-, Saks dirige due mostri del cinema americano, Mildred Natwik, Oscar per il ruolo della madre Ethel, e Charles Boyer, altro premio Oscar, stavolta alla carriera, nei panni dell’originale ganimede e vicino di casa dei due protagonisti, Victor Velasco.

Neil Simon ci fornisce la storia, che si svolge nel presente, il’67, e le battute, tante e sempre giuste dette al quinto piano senza ascensore di una soffitta al Greenwich Village. Sullo sfondo, una città già intasata dal traffico e gigantesca, e l’amore –quello non può mancare- l’amore di coppia, quello con cui si devono fare i conti e per il quale, mediare e fare compromessi continui, pare sia la sola via di salvezza.

Jane Fonda, magrissima, vestita con pantaloni a sigaretta e maglioni a collo alto arancioni e gialli, ha scelto l’appartamento ed è felice.
Si sente soddisfatta di quel nido d’amore, piccolo e intimo, e poco importa se è al quinto piano, se il vetro del lucernaio è rotto così come il radiatore, e se ancora non c’è mobilia: lei ama e tanto le basta.
È piena di vita e comunicativa, come si accorgerà a metà del primo atto anche il tecnico dei telefoni, il bravissimo James Stone, con cui apre piccoli siparietti comici, che danno respiro al testo.
Paul, invece, giovane avvocato rampante, è più incline a pensarsi in una casa comoda, dove poter rientrare la sera stanco dalle udienze, appoggiare i piedi sul tavolino e aspettare che la cena arrivi in tavola per mano di una moglie passiva e sorridente.
Ma non sarà così.

Corie è testarda, egocentrica, capricciosa al punto di essere sensuale, anche un pochino egoista e rompiscatole, e lo costringerà, tra il primo e l’ultimo atto, a prendere coscienza che esiste un altro modo di vivere, quello dell’oggi, del qui e ora, che non lascia spazio alla previsione. Solo alla fine della commedia si renderà conto, e grazie alle parole della madre, che “basta far sentire l’uomo importante, per rendere il suo matrimonio felice... come il 10% delle coppie”.

Nell’appartamento, i personaggi che entrano nella soffitta, e in scena, evidentemente senza fiato sono in possesso, tutti, di tratti psicologici ben definiti e anche complessi: Corie in cerca dell’approvazione della madre, Paul di quella della società, Ethel che rinnega l’amore e dorme su tavole di legno e Victor, che si comporta come un ragazzino, ma in realtà cerca una relazione matura e consapevole.

Il secondo atto, che inizia con l’esilarante salita in appartamento della povera madre, “Credevo di essere morta e in paradiso... solo che pensavo di esserci arrivata a piedi”, sarà la prima di una sequenza di battute sottili e splendidamente doppiate dalla grande Renata Marini che è Ether, voce anche di Audrey Hepburn, Deborah Kerr, Olivia de Havilland e Vivien Leigh, solo per citare le più importanti, Maria Pia di Meo, Corie, Cesare Barbetti, che oltre a Redford è stato la voce di Duvall, Mc Queen, Lemmon, Nicholson e Hopkins, e Gianrico Tedeschi che, da bravo attore di teatro -diretto tra i tanti anche da Strehler presta i suoi tempi comici al grande Boyer, divertendosi, immagino, da matti.
Tra tempi comici perfetti e controscene equilibrate i quattro, finiranno in un ristorante albanese dove strani cibi piccanti, gli kniki, annaffiati dall’Uzu, una bevanda portentosa ed evidentemente assai alcolica, torneranno a casa guardando il mondo da una prospettiva completamente diversa.

E non ci sarebbe bisogno di aggiungere altro giacché la madre, rigida e abitudinaria, si lascerà andare alla vivacità di Victor e saremmo pronti all’happy end e sazi di risate, non fosse per il caratterino di Corie e la lite infantile con il povero Paul.

La crisi tra i giovani sposi trova il suo apice nel terzo atto, quando lei gli domanderà il divorzio: il problema è che... è che sei quasi perfetto, gli dice, la settimana scorsa, per esempio, non hai voluto camminare con me a piedi nudi nel parco!”, è questa la motivazione per cui Corie vuole lasciarlo e la battuta da cui prende il nome la commedia. Ed è vero, Paul è l’esatto opposto di sua moglie così creativa e pronta ad adattarsi a tutto, e forse proprio per questo, solo insieme saranno felici.

“Ma non lo hai visto scendere con la valigia” dice Cori alla madre “Sì, ma pensavo che fosse immondizia... Paul è così ordinato!”.
Dopo un lungo dialogo tra madre e figlia, dove anche l’aspetto infantile della ricerca perenne della gratificazione sarà chiarito, e una corsa sin sopra il tetto con sottofondo musicale del grande Neal Hefti, siamo veramente pronti per il lieto fine con bacio e lacrima di gioia.
Beh... nel mio caso più di una!

-A piedi nudi nel parco- USA 1967

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