Uno scrittore, al quale mesi e mesi fa domandai di leggere
il mio Justine 2.0, infilando emoticon qua e là per non ferirmi, mi rispose: e
tu hai mai letto qualcosa di mio?
Ricordo che dall’altra parte del monitor arrossii perché, in
effetti no, non avevo mai letto nulla di suo. Così feci educatamente ammenda
ripromettendomi di andare in libreria e acquistare uno dei suoi Romanzi, cosa
che non ho ancora fatto dato il trasloco e i mille impegni della nuova casa. Ma
comunque non insistetti, non gli scrissi più e, soprattutto, mi resi
conto di essere stata una gran maleducata.
Se ci si rivolge a un collega per ottenere un giudizio
bisognerebbe quantomeno sapere come scrive.
Io che vengo dal web dei newsgroup, dal mondo 1.0, dove
ignorare la netiquette poteva costare l’esclusione da un’intera comunità, e
dopo anni di gestione della comunicazione on line per tre aziende, so che
l’invio reiterato di pubblicità altro non produce che l’effetto contrario a
quello auspicato.
Stamattina, di buon ora, trovo tra i messaggi di posta il
solito (devo dire gentile), invito a cliccare “mi piace” sulla pagina di uno
“scrittore”. Gli rispondo un tantino seccata, facendogli notare che era il
quarto messaggio nel giro di due mesi e che, comunque, se non avevo aderito, significava
che non nutrivo alcun interesse per lui e di lasciarmi cortesemente stare.
Di rimando, candido, mi dice che non si trattava di un
quarto invito ma di un secondo e che, comunque, poiché presente nella sua lista
di amici, non c’era niente di male a inviarmi e mail pubblicitarie.
Alla sua cortese risposta gli ho fatto notare come, nella
seconda email ancora presente nella mia casella di posta, si facesse
riferimento a un invito precedente e a quello precedente ancora e che quindi le
sue richieste erano state ben quattro e non due, come lui continuava a
sostenere.
Naturalmente, al suo: anch’io sono un esperto di marketing e
so come fare, in risposta al mio altruista “meglio demordere se non ottieni
esito positivo”, ho deciso di bannarlo.
Bisognerebbe provare ogni tanto a domandarsi il perché di un
rifiuto, di un silenzio ostinato, di un “no”, o di un “sì lo leggo” che invece
si rivela un nulla di fatto. Non con gli amici, gli amici veri hanno il compito
preciso di prendere visione delle nostre imprese letterarie, e provare a essere
sinceri, aiutarci a capire che sarebbe più proficuo desistere o incoraggiarci,
in caso credano veramente in noi e nelle nostre capacità.
Insistere, mettendo in dubbio la buonafede di chi ha già
risposto negativamente, è da maleducati e basta.
Una volta, quando dirigevo ancora la mia scuola di Musica,
l’UM, prima del fallimento, mi scrisse un musicista che tempo prima mi aveva
inviato un curriculum. Mi scrisse tutta la sua disperazione di diplomato al
Conservatorio senza lavoro, concludendo amaramente che sarebbe bastata un’email
di default, di quelle che dicono che abbiamo ricevuto la Sua gentile proposta e
la terremo presente per il futuro, per far sentire qualcuno non del tutto
ignorato dal resto dell’umanità. All’UM me ne arrivavano una media di venti al
giorno di c.v., ma lui aveva perfettamente ragione, e me ne scusai, e
soprattutto cominciai a rispondere a tutti con una gentile email di default.
Non sono una cattiva persona ma credo che la provocazione
gratuita su temi sensibili perpetrata sulle home personali degli utenti, così
come intestardirsi a dar torto a chi, di fatto, ha ragione, di chi ha tutto il
diritto di non voler vedersi subissato di richieste, sia un modo pessimo per
instaurare un rapporto di stima. Fosse stata anche una singola e mail pubblicitaria
ed io mi fossi alterata, avrei avuto comunque ragione.
E terrorizzata mi domando: ma se un tizio fa così con me che
non sono nessuno, per un singolo inutile “like”, cosa combinerà con le case
editrici cui invia le sue opere, sempre e comunque degne di chiamarsi tali
perché frutto d’impegno e profusione di sforzi qualunque sia il risultato?
Devo dare quindi ragione alle case editrici che si
nascondono dietro il muro di gomma del silenzio?
Perché taggare e ritaggare qualcuno che è evidentemente
disinteressato ai nostri argomenti?
Quando ho aperto questo Blog mi è capitato di inviare i post
a persone cui pensavo fosse proficuo inviarli, poche, una decina al massimo, e
con tanto di righe di accompagnamento e ringraziamento anticipato per la
cortese attenzione.
E sebbene abbia ricevuto sempre risposte entusiaste, con il
tempo ho capito che è rischioso approfittare della gentilezza altrui. Che
bisogna essere cauti, e che, comunque, chi è interessato a leggermi mi leggerà.
Le stelle non ci invitano a guardarle, ma continuano a
sorprenderci ogni giorno.
La vita 2.0 credo sia già diventata 3.0. La netiquette è in continua evoluzione e quanto era corretto sino a ieri oggi si ritiene superato. Del resto, da ragazzino, quando mai io ho potuto pensare di avere oltre 800 amici o addirittura migliaia di persone che si potessero (anche solo formalmente) interessare di me? Sento il bisogno fisico di “staccare” ogni tanto, di fare altre cose, magari di annoiarmi o di impigrirmi, ma di non essere collegato.
RispondiEliminaE poi viene il bisogno che tutti abbiamo di vendere, chi letteralmente, chi solo come necessità di comunicare, ed i mezzi nuovi che ci sono offerti sono come una potente auto affidata ad un principiante. Del resto, se ci siamo, abbiamo la spinta ad esserci. Imparare come rapportarci a 800 amici è una sfida non da poco, considerando che già con una decina emergono non pochi problemi. Silvano C.