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domenica 18 settembre 2011

Questa, è ancora la ragazza di tutti.

Questa ragazza è di tutti –USA 1966

Tennessee Williams dà a Willie, un’adolescente che arriva in scena in bilico sui binari di una ferrovia abbandonata, il compito di raccontare a un suo coetaneo la storia di Alva, sua sorella, morta di una “malattia di petto” alcuni anni prima.
In origine, “Forbidden”, un lungo flash back riscritto per John Huston, è stato poi trattato da Coppola, Coe e Summer per Sidney Pollak aggiungendo alla storia romantico/drammatica, il tema della grande depressione da Williams appena sfiorato.



La storia è quella di Owen Legate, uno splendido Robert Redford, che arriva nella piccola cittadina di Dodson nei pressi di Menphis per ridurre, fino a chiudere definitivamente, la ferrovia, unica fonte di guadagno per gli abitanti del posto.
Appena sistemato nella pensione - la madre di Alva e Willie, Hazel Star/ Kete Reid, ha trasformato la grande villa in una pensione-, la protagonista, in una sottile vestaglietta azzurra, si presenta al pubblico e al giovane che viene dalla città, facendo un quadro di sé che spaventerebbe chiunque.
Alva, in realtà non è una “sgualdrinella qualunque” come in molti la considerano, vuole solo scappare, andare via da un posto come quello dove una ragazza così– una Natalie Wood bellissima e “in parte”- rischia di essere troppo chiacchierata e, come scopriremo più tardi, cerca disperatamente di sfuggire a sua madre che vuole farla prostituire con l'arma del senso di colpa “Ho sacrificato tutto per te, e ora che ti chiedo di essere solo un po' gentile con qualcuno fai tante storie!”.

Il testo è drammatico come tutte le pieces di Williams che, nato nel 1911 a Columbus è stato l’autore di storie come “Un Tram chiamato desiderio”, “La gatta sul tetto che scotta”, “Lo zoo di vetro”, “Improvvisamente l’estate scorsa”, “Baby Doll”, solo per citare le più conosciute e con forti implicazioni psicoanalitiche e sociali.
L’alcolismo, le nevrosi che nascono dai rapporti familiari, dalla frustrazione di una vita che non si è scelta, sono protagonisti indiscussi di dialoghi costruiti con maestria tra digressioni poetiche e scontri dialettici.
“No Alva, il cielo non è bianco, è azzurro, e questo vagone non andrà da nessuna parte, è su un binario morto, e questo non è talco, è soltanto polvere” dirà Owen per riportare alla realtà Alva che vive in un presente sempre trasfigurato.

Forse perché Tomas diventato poi Tennesse, soffriva di forti crisi di panico, perché era stato deriso dal padre che non trovava il lui la giusta dose di “machismo”, perché aveva una sorella psicotica, la sua penna si riconosce dalle prime battute, dall’atmosfera, da un dramma che è sempre dietro l’angolo nella vita di ognuno, una tragedia che alla fine si dovrà consumare.


Alva, abbandonata dal padre, uomo di cui conserva un ricordo forse non proprio aderente alla realtà, è una donna che offre il proprio corpo come unica moneta di scambio: è la sola che ha.
Ma che cosa c’è di male in questo?
Di male c’è il moralismo di Redford, le chiacchiere di Dodson e di tutti quelli che proprio perché non l’hanno avuta, vogliono distruggerla.
Perché Alva è vergine, ci rassicura Williams durante un dialogo tra la protagonista e la piccola Willie, Alva è pura, è un angelo che qualcuno vuole insozzare.
Se Williams fosse ancora in vita, eviterebbe di porre l’accento su questo aspetto.
Perché il vero perno del dramma, è che Alva non esiste senza gli altri.
Il problema, la “stortura” psicoanalitica di questa “ragazza di tutti” è che non può fare a meno di un uomo, e che va in cerca di un padre che la porti via, come molte donne che allora aspettavano il marito in casa, tra forno e radio e poi tra tivvù e aspirapolvere.

Ma le protagoniste di Williams sono donne dalla personalità ambigua, apparentemente fragili ma in possesso della forza e della consapevolezza che porterà Maggie “la gatta” ad aiutare Brick, un maschio dalla rabbia repressa e dalla rimozione facile, a reagire a suo padre, al fratello e all’odiosa cognata. Le donne di questo grande drammaturgo potrebbero in ogni momento emanciparsi e mandare tutti a quel paese, ma così non è.



Le donne di Williams sono schiacciate dal bigottismo che le vuole madri e mogli condannate a sopperire alla mancanza di virilità del compagno.
Sono loro che, prigioniere di una femminilità stereotipata ma necessaria, si liberano da quella sensualità imposta e fanno il lavoro di entrambi: sollevano l’uomo dall’ubriachezza molesta, dalla mancanza di autocontrollo e di coraggio, mentono e uccidono.

E oggi cos’è cambiato?
Forse qualcosa, ma solo per l’uomo.
Credo che oggi l’uomo si sia liberato dalla paura di non essere più un maschio Alpha e di mostrarsi debole e pieno d’incertezze.
Per noi, invece, non è cambiato nulla, anzi, forti eravamo e forti siamo rimaste, ancora schiave di un corpo perfetto e di una sensualità sempre più esibita e sempre meno naturale, in prima pagina non per il lavoro che ogni giorno siamo costrette a fare - dilaniate tra famiglia e carriera-, ma per la squallida mercificazione del nostro corpo e che, una volta per un matrimonio perfetto e una volta per una marchetta con il Premier, ci fa essere le più clikkate sul web come protagoniste dell’ultimo scandalo sessuale. Con la differenza che oggi, sono sparite dal viso di queste "ragazze di tutti” la tenerezza e la buona fede, la voglia di fuggire da una realtà che ci vuole oggetti, per di renderci finalmente protagoniste della nostra vita.
Oggi, si vive non solo una quieta rassegnazione al ruolo di "sgualdrinelle” ma si arriva addirittura ad esaltarlo, come se un abito di Prada fosse la sola aspirazione di una bella donna.
Per fortuna non è così per molte.
Per fortuna, per andare a Memphis, e da sole, c'è più di un treno.

1 commento:

  1. Mi sembra che tu riesca a descrivere bene il mondo in cui si muovono i personaggi tipici di Tennessee Williams. E' un autore col quale, da lettore-spettatore, ho avuto sempre un rapporto difficile: nel senso che lo considero importante, però non mi soddisfa mai del tutto. A volte mi sembra che voglia far esplodere le contraddizioni del mondo provinciale che descrive, ma senza avere la forza di spingere il discorso oltre un certo limite - che pure sarebbe necessario superare, date le premesse del suo stesso discorso!
    Forse - questa può essere una spiegazione - ha sofferto più di altri, in quell'America "profonda" degli anni '40-'60, i condizionamenti di una morale diffusa che non consentiva di spingersi troppo in là nel denunciare alcune cose, e soprattutto alcune ipocrisie di fondo di quella società.
    Però, insomma, il senso del dramma e del vicolo cieco in cui sono ridotti i suoi personaggi, emerge con forza dai suoi lavori; certo, ironia della sorte, forse oggi, che certe cose le possiamo raccontare con maggiore libertà, i drammi vissuti dai suoi personaggi possono apparirci rétro e per questo enigmatici. Comunque, in genere le figure femminili di T. Williams sono ben costruiti, coinvolgenti, e la loro "carica problematica" (come dire?) svetta su tutto il resto. Forse per le ragioni che hai spiegato tu.

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