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domenica 9 novembre 2014

Portrait: Uomo che fuma la pipa


Era elegante quando fumava la pipa. Durante quel rito pomeridiano era in grado di fermare il tempo. Tra la decisione di mettere il segno al libro e assaporare il tabacco passava un tempo lunghissimo. Anche tra una tirata e l’altra passavano pensieri, monologhi interiori, domande e recriminazioni.
Alzava lo sguardo verso la finestra sorprendendosi ogni volta che l’imbrunire fosse calato così in fretta. Poi appoggiava il libro sul tavolino e si guardava intorno, domandandosi come mai le ore fossero trascorse nonostante lui si fosse assentato per pochissimo. Sembrava lo dicesse ogni volta, giustificandosi per quella lunga assenza durante la quale aveva camminato a casaccio tra parole lette e pensate, tra strati di coscienza profonda e considerazioni razionali, perché si era lasciato trasportare dai ricordi che non trascurava mai di contemplare, comunque chino sul libro così da non darlo a vedere, forse per non farsi sorprendere intento a fermare una lacrima, o un sospiro.
Capivo che era di nuovo tra noi dallo sguardo ravvivato che osservava le fronde argentate degli ulivi agitare le braccia, che richiamavano la sua attenzione alla vita, alla morte che ormai era nei pressi, come diceva troppo spesso, che gli parlava con voce suadente, quella che ogni uomo infelice vuole ascoltare. La voce dolcissima della morte che sa tanto di vita a chi ha il cuore così afflitto da non saper più amare.
Aveva uno sguardo benevolo verso i suoi numerosi vizi. Che sarebbero stati quelli a ucciderlo lo sapeva benissimo, che fosse possibile evitarlo, invece, sembrava non lo riguardasse. Ma trattava con affetto il suo cardiologo. Per Natale gli inviava vini pregiati e pipe costosissime. Nonostante l’avversione del medico per il fumo. E forse proprio per quello. Anche il medico lo ricambiava, continuando a seguirlo, ossessionandolo con inutili raccomandazioni. Nonostante sapesse di averlo già perso.
            La scelta di pipa e tabacco, difficilissima, gli serviva per riprendersi dalla sorpresa e sorprendersi ancora nel vedermi sulla porta, intenta a fissarlo. Ogni volta si domandava chi fossi. Ogni volta quella domanda gliela leggevo in faccia, nel lampo dorato che si accendeva nel marrone dei suoi occhi: chi sarà mai questa ragazzina triste che mi osserva dal buio dei suoi occhi taglienti?
Poi, quando mi riconosceva, parlava. Mai della scuola, della mia recente pessima pagella, mai di fatti contingenti. Non parlava della mia fuga da casa, vano tentativo di farmi notare, da quell’angolo remoto in cui mi aveva riposta, magari per venire un giorno a riprendermi. Un giorno che è mai stato.
Però mi parlava, di fioriture e innesti, di quanto fosse più saggio avere paura dei vivi piuttosto che dei morti, dell’ipocrisia che rende mostruosa la gente, dell’avidità che la rende folle, della scaramanzia, che è la scienza degli imbecilli.
Mi sfotteva un po’ per gli anfibi enormi che portavo ai piedi, per le calze a rete strappate, per il suo cachemire che avevo bucato e indossavo come un trofeo, guarnito come una torta da un lezioso boa mal cucito sullo scollo tagliato storto.
Mi guardava con la tenerezza che si riserva ai cuccioli, riconoscendo in me la sana testardaggine dell’adolescenza e la temerarietà un po’ sciocca. Perdonava la mia distrazione, redarguiva la leggerezza che usavo nel ferire il prossimo. Se apprezzasse o meno il mio tentativo di distinguermi non lo saprò mai. Se oggi scommetterebbe su di me, nemmeno.

            A me basta rivederlo così, una sagoma oscura seduta nell’imbrunire che scuote la testa e ride tra sé della vita e del mondo intero, che alla fine è ciò che è, un attimo infinitamente breve di cui resterà poco e niente.

(l'immagine: Uomo che fuma la pipa, Paul Cezanne)

1 commento:

  1. Non mi ricordo dove ma ho già letto dei tuoi anfibi-(morirò con i miei anfibi ai piedi)-mi pare se non ricordo male.Ecco questa è l'immagine che più mi colpisce.Il resto è un inno alla vita e al suo valore,quando i ricordi sono vividi e il passato si intreccia indissolubilmente con il presente.L'uomo con il suo rito e il suo "vissuto";sono il tramite per parlarci di Te. Non ho fatto fatica ad immedesimarmi nel tuo racconto (che mi è piaciuto) ho rivisto dal di dentro i due personaggi uno di fronte all'altro che si guardano malgrado sia passato tanto tempo ormai.

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