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sabato 25 giugno 2011

l'isola d'Ischia: Teresa alle terme- prima parte


Che Terry non sapesse organizzare viaggi è questione nota a molti.
Ricordo quando volle andare in Indonesia e riuscì a perdere il volo per Denpasar in uno degli aeroporti più organizzati della Malaysia o quando, in partenza per l’Inghilterra fu presa da una crisi di panico che la bloccò a terra abbracciata alla valigia e a un giovane pilota marcatamente gay.
Da allora, e per non continuare a perdere premi promozione, la sua unica possibilità di vedere il mondo è viaggiare con i gruppi organizzati ma stavolta, pare che abbia preso una grossa, enorme fregatura o anche un granchio, volendo rimanere in tema.
Ah Terry, riesco a vederti con la borsa di paglia al braccio, cappello e valigia, rossa in viso per il sole cocente e per la pressione alle stelle!
Già al meeting point davanti alla stazione a Terry pare di trovarsi in un ospizio o in una sala d’aspetto d’ospedale.
Il capo, il più giovane del gruppo, è un graduato di qualcosa in pensione elegante e orbo da un occhio, affascinante forse per la benda che sa tanto di pirata o magnate dell’industria ma l’occhio, come mi scrive per e mail, non l’ha perduto in battaglia ma a causa di un cazzotto della moglie.
In gran parte, l’allegra comitiva in viaggio per l’isola del Tirreno, la lussureggiante Ischia, è composta, come si può ben immaginare, da donne.
Terry, che in principio ha creduto di aver sbagliato gruppo, ha presto la conferma di quello che sarà il suo destino, quando il suo nome risuona nel silenzio della controra per la stazione semideserta.
Fatto l’appello, ci si sorride fra il sospettoso, l’ostile e il cordiale e, con sottogesti ben congegnati, già si formano piccole fazioni.
Le tre insegnati di scuola media ridono rumorosamente di qualcosa mostrando una dentatura niente affatto omogenea e una familiarità così antica da renderle uguali in tutto. La Professoressa di filosofia, persona di levatura diversa, è evidente, visto il quotidiano giustizialista e il grande libro che tiene sotto il braccio, sembra invece vittima dell’instancabile chiacchiericcio di una bionda gradevole di aspetto tranne quando inveisce, la bocca sempre piena di qualcosa, contri i tagli del governo e i prezzi troppo alti.
Quello che tutti chiamano il Professore è un uomo vittima della propria codardia che arriva al bus trascinando un buon numero di bagagli, mentre sua moglie, il cellulare all’orecchio, gli intima di andare più in fretta e di non “fare come sempre”.
E mentre Terry sta per piangere, pensando alle cinque ore di viaggio e ai sei giorni di convivenza da passare con l’improbabile compagnia, lo vede scendere dall’autobus: è bellissimo. Che poi certi cattivi pensieri superati i quaranta siano quasi da manuale fa un po’ luogo comune lo so, ma a vedere certi bicipiti è anche vero che si perde un po’ tutte la ragione! Se poi il petto largo, sotto la classica canotta bianca stile grande firma, emette tutto di un fiato un ”facimm ambress che qui il tempo è denaro e già ce ne sta poco e tengo un’altra trentina di nonnetti da trasportare a Procida ah…ah…ah…!!!” allora il quadro della situazione risulterà perfetto.
Già me la vedo Teresa allungargli laute mance, farsi massaggiare dall’acqua termale passandosi la lingua sulle labbra o guardarlo di sotto in su, mentre saltella verso la cabina –chiusa- della doccia.
E poi la luna, si sa, da quelle parti può fare brutti scherzi, anche se non è rossa e la carne è debole, specialmente la sua: e i gelsomini stordiscono, l’acqua è ferrosa e il mare sbuffa di vulcanici vapori, improvvisi e cocenti assai.
La mia amica prenderà fuoco rapidamente, mi ha scritto che forse non tutto è perduto, che andrà ogni mattina alle terme e che il tizio in questione, l’isolano verace, non ha la fede al dito quest’ultimo, definito in uno dei tanti nel post scriptum capace e forte.

Che poi assomigli a un uomo vero, quasi ideale, con l’occhio tenebroso e il fisicaccio, le mani grandi e la risata autentica e gioviale, credo basti a farmi preoccupare e stare in ansia.
Da tempo è stanca dei giochi mentali di certi intellettuali, di quelli che si strofinano al proprio ego notte e dì, gli stessi dell’ultima tendenza molto radical chic. Fatto sta che Antonio, autista e nostromo di una minuscola ma molto romantica barchetta, la nota subito fra bastoni e stampelle, dentiere e pappagalli, e sui suoi vertiginosi tacchi a spillo, armata di tecnologie all’avanguardia e piena di sorrisi accattivanti, saluta sorridente e ammicca anche.
Il giovane isolano nato sotto l’influenza di vulcano avrà forse anche lui pietra lavica al posto del cuore?
Continua...

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