Appunti sulla deriva
culturale e la disgregazione di massa
Sempre mia nonna, che vestiva Chanel, profumava Dior, aveva
studiato in collegio svizzero e mi costringeva a camminare con i libri sulla
testa, era deputata al giro in centro per le compere stagionali.
Sulla via più elegante e al mattino presto –che c’è meno
gente-, scortate dalla tata o “signorina alla pari” –studentessa di paese che
in cambio di vitto e alloggio badava alla bambina, cioè io-, andavamo alla ricerca
di capi per il mio guardaroba nuovo.
Io mi entusiasmavo davanti a ogni vetrina esponesse roba
colorata e manichini di bimbi dagli occhi chiari e il sorriso ottimista, lei,
abbracciata al bauletto Vuitton, scuoteva la testa e a mezza bocca diceva una frase
che proprio non capivo: è alla strada.
Il maglione rosso era “alla strada”, il pantalone di velluto
liscio “alla strada”, la blusa nera lucida “cafona e alla strada”, la camicina
con pizzi “brutta, cafona e alla strada”, l’abitino di carnevale da damina del
‘700 “ce l’ha la figlia del giornalaio”, “cafone”, “pacchiano” e “alla strada”
e così via.
Alla fine ordinava a Parigi così stava tranquilla.
Se la mia splendida nonna dallo sguardo di ghiaccio fosse
ancora viva, direbbe che twitter e “alla strada” e avrebbe cancellato l’account
anzi, non l’avrebbe mai aperto.
Se personalmente non amo essere etichettata, mettere
definizioni addosso agli altri mi pare quasi obbligatorio: lo facevo da attrice
per trovare il personaggio, lo faccio oggi per scrivere.
Un tempo esistevano solo due generi di Snobismo e
orientarsi era assai più semplice.
Il primo è quello di cui sopra, lo Snobismo degli
intoccabili, il secondo, quello dei compassionevoli che ha più o meno le stesse
regole, ma si è adeguato ai tempi e a una condivisone obbligatoria, assai
pericoloso per i “Common” o i “Prolet” di orwelliana memoria: li trae in
inganno.
Si tratta dello Snobismo democratico ed egualitario, che non
ha fede politica, che va in giro vestito un po’ “scagato”, che porta al polso
l’immancabile –Rolex no perché è “alla strada”- ma un Bvlgari ultimo modello, che
ride sguaiatamente, se giovane s’infila le dita nel naso, e se può, mette i
piedi sul tavolo lasciando che la suola della sua scarpa fatta a mano, sia a un
palmo dal povero naso comune.
Lo Snob democratico parla latino con i vescovi e dialetto
con gli operai, mangia volentieri alla tavola dei contadini delle sue tenute in
toscana e dispensa loro complimenti lavandosi poi le mani con alcol e amuchina;
giura di non essere mai stato così felice in vita sua se pranza con un Prolet e
poi si ritira nella “spa” più esclusiva per alcune ore: giusto per levarsi la
sfiga di dosso-. La sera stessa parte per Londra e dimentica di dirlo agli otto
filippini che lo servono e che il giorno dopo l’aspetteranno inutilmente per
colazione e cena.
Questo tipo di Snob è anche sinceramente curioso, è un
mecenate –ospita e foraggia artisti talentuosi-. Generalmente non corrisponde
l’amicizia sui social media ma risponde ai tuit: è democratico, perché non
dovrebbe?
C’è poi lo Snobismo VIP di stampo cafone.
Il Vip, infatti, non è mai Vip per nascita o per
acquisizione, ma solo per culo.
È arrivato al grande pubblico grazie a un fatto di cronaca,
di sesso o per un programma TV, ha scritto un libro sul vivere sano in cui cita lo zen,
ma se gli domandi cosa sia ti risponde che è una spezia.
Manca totalmente di classe e commette errori, tanti, ma di cui
solo i veri Snob si accorgono.
Un esempio per tutti è andare a Cortina in piena stagione
turistica –solo per un fine settimana-, alloggia al Posta, veste l’abito
ampezzano senza un filo di originalità o peggio minigonna e tacchi a spillo, rimane fermo al caffè in Piazza per
tutta la mattina fingendo di leggere un quotidiano e indica –con dito
puntato- tutti i “pezzi grossi”, che in eleganti completi alla zuava volutamente
lisi, fanno la spesa assieme a uno stuolo di camerieri dispensando saluti a
gente del posto e a bottegai (Snob democratico).
Il VIP ha vita breve perché come è noto, il consumismo mediatico
è peggio della lebbra e in grado di decimare personaggi pubblici nel giro di
poche settimane, a volte di poche ore, quindi, per non perdere tempo, il VIP cerca
modi per rendersi originale: indossa cappotti firmati esageratamente lunghi già
in ottobre, cucina alghe e tofu, adotta bambini a distanza e lo urla ai quattro
venti e arriva con il suo orrido cabinato in affitto a due metri dalla spiaggia
di Capalbio.
Al polso porta il vistosissimo Rolex e la fede Bvlgari.
Questo tipo, in possesso di una cultura da quarta di
copertina, non “folloua” nessuno, non ricambia saluti, si finge sempre occupato
in qualcosa di grosso, se non capisce insulta, e non sta mai con i suoi simili:
i Prolet.
Li sfugge, li ignora, teme di ritornare nella mischia e
allora s’innalza, s’incensa e si loda.
Compra fan, paga giornali per finti scoop. Al tramonto della breve carriera cura
pubbliche relazioni per locali e discoteche. È un fan del botulino.
Umile davanti ai complimenti, ambizioso in cuor suo è infine
lo Snob intellettuale.
Come il “nero bianco” è inviso alle altre categorie e
ricambia, ma non apertamente – oggi chiunque può sempre servire meglio non
farsi nemico nessuno.
Disprezza il denaro, ma cerca il modo più rapido per farne. Rifugge
le mode “alla strada” e ne propone di continuo di nuove e originali. Amava Alda
Merini –quasi sempre l’ha conosciuta e scoperta lui stesso- ma solo prima che
fosse ridotta a “tuit”.
È lapidario nei giudizi e quindi ottuso: bianco e il nero
sono i suoi colori, quelli che scorre ogni giorno sul monitor e che riflettono
la sua parte migliore.
Lo Snob intellettuale è seducente e ambiguo.
Se un collega ha successo e va in tivvù dichiara tristemente, e non troppo tra le righe, che si rovinerà, se lui ha successo e va in tivvù se
l’è solo meritato.
Il mondo cambia secondo il suo metro di giudizio e secondo
l’umore. È generalmente in grado
di ottenere consensi: controtendenza, controcampo, contrariato.
Uno dei primi con l’account su tuitter dichiara ogni giorno
che ne uscirà. Finge di non starci mai eppure controlla la TL ogni due minuti.
Tratta tutti come merde ma poi si offende se offeso.
Egualitario a parole e Snob nei fatti.
Originale nel dire, convenzionale nelle azioni.
Se gli domandi perché non ti saluta, risponde soavemente che
non ti ha visto o era distratto.
Infine ci sono tutti gli altri, la massa, i Prolet: che
le mode le prendono per la coda, quando sono già “alla strada” e non costano più
niente.
Pubblicatori della domenica dalle idee confuse.
Idealisti.
Che occupati a sopravvivere si arrampicano sugli specchi
di una realtà piena di occasioni che arrivano tardi e di scoperte fatte troppo
presto, di opportunità già occupate, vittorie già giocate e ruoli già
assegnati. Di bandi di concorso scaduti.
Occupati a cercare un posto su un autobus affollato.
Drogati di novità tecnologiche e sesso gratis. Di partite e
scandali. Impegnati o qualunquisti poco importa, tanto sono già compresi nel
sondaggio, non un pensiero originale.
Perché se il 2.0 gli ha dato l’illusione di stare più a
contatto con il mondo che “conta”-ville, aziende, barche-, ha tolto alla “massa” il potere di stare in gruppo, baciarsi sulle labbra e guardarsi in faccia.
Oggi, i Prolet sono disuniti e distanti, a volte anche
colpevoli: colpevoli d’invidia e odio verso chi determina il loro futuro senza consultarli, dicono, ma di certo più colpevoli di ammirazione e
idolatria verso le suole delle scarpe del Vip a un palmo dal loro naso comune.
Ieri, quasi tutto era creato dai Common, in piazza, per le
strade, nelle sedi di partito. E faceva paura. Ieri si chiamava “movimento”:
rinascite culturali, agitazioni politiche e aziendali, lotte di classe. Oggi,
ci si nutre di “tendenze” ed “eventi” creati da VIP e SNOB: che non servono a
nessuno, non determinano cambiamenti e fanno sì che si eviti di pensare.
Arrivano su Twitter che Fiorello già non c’è più e si affannano
a collezionare follower che collezionano follower che collezionano
follower...
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