Tra Lilith, Eva e la Mela
Visto che l’io, oggi, è ancora una volta l’esca migliore,
vorrei mettermi a tu per tu con le signore che verso le sei del pomeriggio,
come garrule colombe, tuittano grida stridule al web e minacciosi anatemi al
mondo e al maschio: che non le chiama, che non le cerca, che non c’è, che non
le vuole.
Partiamo dal fatto che il “tu”, in una comunicazione “one to
many”, è assai fastidioso per chi sa di non essere il destinatario del
messaggio. In aggiunta, dal suono poetico ma dal significato sempre uguale,
certi “tuit” rischiano di far salire la glicemia alle stelle e di procurare
fastidi alla vista, anche nel maschio in questione.
Le frasi che leggo più spesso non sono che 140 caratteri banali e
che esprimono sempre lo stesso “bisogno”: di essere cercate, scelte, prese e amate.
Ancora una volta passive creature dal cuore infranto e disposte a tutto per
diventare “preda” di qualcuno.
E ritorniamo al solito “non ci siamo mosse da lì”, da quando
cioè Penelope tesseva la tela in attesa del marito fedifrago rifiutando i
Proci, seppur belli, ricchi e capaci.
Anche i Gigolò, nel bel paese della donna ai fornelli e il
marito in poltrona, sono “utilizzati” come mezzo e non come fine.
Da due mesi che ho tra le mani l’intervista a Roy Gigolò, ma proprio non so che
farmene per quanto poco interessante è ciò che ho scoperto.
Roy ( http://www.roygigolo.com/ ),
simpatico e molto bello -almeno per i gusti più comuni - ha risposto con
sincerità e candore a tutte le mie domande, ma senza rivelarmi niente di più di
quanto rotocalchi femminili e noiosissimi magazine on line non mi avessero
ampiamente spiegato –tutti con le stesse parole e usando le stesse fonti-.
Nessun “triangolo” alla “American Gigolò”: marito che guarda
e donna che si fa possedere, azione ben diversa dallo scambismo, in voga da
anni nei localini di provincia. Nessuna richiesta dal sapore trasgressivo,
nessuna fantasia particolarmente piccante, niente catene, fruste o molestie
consenzienti.
Roy, che di donne ne ha conosciute molte, mi racconta di
voci flebili e visi arrossati dalla vergogna, di timidi approcci e balbettanti
richieste di “qualcosina in più”. Perché
al contrario di ciò che pensavo, certi approfondimenti da “dopocena” sono
rarissimi, come si trattasse di una colpa e di un affronto al comune senso del
pudore, che è sempre e soltanto quello che ci vede affaccendate attorno al
galletto di casa che invece, così come richiesto dal ruolo, tranquillamente
“becca” nelle aie altrui -virtuali o reali non è importante.
Roy mi racconta che la maggior parte delle sue “prestazioni”
sono, infatti, quelle dell’ingelosimento o dell’accompagno.
La donna di cui parliamo, nel 2012, non vuole essere single,
se ne vergogna, si sente diversa e in colpa. Per un matrimonio o una festa di
laurea, per una prima teatrale o un vernissage, l’affermata cinquantenne latina
è disposta a pagare grosse cifre per evitare di sentirsi non abbastanza bella o
non abbastanza desiderata. Essere single è un privilegio enorme:
la libertà di prendere il meglio da uomo tralasciando le numerose nevrosi,
insicurezze e ansie, che di norma ci propina come corredo matrimoniale.
Ancora una volta, nonostante quel “ lui” l’abbia lasciata
per una stronzetta di vent’anni più giovane, la quarantenne bancaria o
insegnante cerca l’affermazione attraverso la riconquista di colui che l’ha
tradita, umiliata e offesa, recandosi a una festa di amici comuni con al
braccio un bel giovanotto affittato per l’occasione.
Perché è questo che succede ed è questo il solo taglio che riesco
a dare a questa intervista:
parliamo di femminismo e di luoghi comuni da abbattere, ma nella
realtà, quando alziamo il telefono per chiamare un uomo a pagamento, ci
sentiamo timide come dodicenni alle prese con un adolescente dall’ormone
aggressivo, e balbettiamo.
Non sarà forse teniamo a un certo ruolo perché maledettamente
più comodo?
L’uomo, cerca disperatamente, e da anni, di liberarsi dalle
responsabilità che gli abbiamo imposto alla nascita e noi gliele ributtiamo
addosso appena possiamo: sei tu che mi hai presa, ora, tienimi con te.
Ma siamo sempre Adamo ed Eva, o meglio ancora siamo Lilith e
Adamo, come cerca di spiegarci Roberto Sicuteri in “Lilith e la luna nera”
(Astrolabio), e che racconta l’inconciliabilità fra corpo e spirito, che ha
determinato da secoli l’inferiorità della donna e il suo sentirsi “passiva”.
Perché secondo la legge originaria siamo uguali e dovremmo
sceglierci assieme e assieme lasciarci.
Nessuno ha il primato della colpa o della sofferenza,
nessuno fa ciò che non vuole –sempre che non si tratti di rapporti non
consenzienti-, e se ci guardiamo dentro con sincerità, scopriamo verità oscene:
che “quel” lui non ci piace più, che russa, che lo rivogliamo solo per orgoglio
o per abitudine o peggio per soldi.
Siamo grandi e ci sobbarchiamo fatiche enormi, e invece di
sognare avventure e descriverle con mille sfumature –di grigio, nero e rosso - e
di cercare quello che non ci vuole più, dovremmo essere in grado ti tirar su il
telefono e domandare al bel tizio che si fa pagare, ciò che un uomo chiederebbe
a una prostituta, ossia di farci godere per bene e sino in fondo.
Perché il femminile non è passivo.
Piantiamola una buona volta di stare “dietro” al grande
uomo, mettiamoci alla sua scrivania e ordiniamogli un caffè, con o senza
zucchero.
Sono certa che togliendoci la maschera romantica
dell’afflizione da abbandono, avremmo una ben più ampia possibilità di scelta. Liberando
l’uomo dal giogo del possesso, della protezione e della responsabilità, i
destinatari di certi “tuit” dolciastri si sentirebbero meno impauriti e forse
più propensi a lasciarsi andare senza l’incubo dell’immancabile “per sempre”.
(Nella foto: Roy Gigolò)
(Nella foto: Roy Gigolò)
ciao elena.... roy gigolò è certo un bel mandrillone ma chissà perchè preferisco una serata con la gatta lula che uscire con il machissimo muscol-man.... quando ero ragazzina mi affascinavano i fisici ( fisica nucleare o astronomica per intenderci) e fattori (contadini)laureati.... sono capitata con un bel musico sudista e a parte il suo brutto stupendo carattere ho capito che le persone al di là del loro fisico e della loro professione bisogna viverci accanto per comprendere l'affiatamento. figurati se io mi accontento di una seratina e mostrare uno stallone qualsiasi (e per giunta a pagamento) per non sentirmi nè brutta nè vecchia. più che dell'uomo fatto bicipite mi fanno pena veramente le donne che rompono con le loro solitudini e le loro insoddisfazioni solo perchè non hanno indagato dentro se stesse e dentro la storia la loro femminilità e la loro stupenda intelligenza che quasi sempre fottono sotto un chilo di fard e sopraciglia tatuate.... hai perfettamente ragione quando parli della nostra atavica sottomissione e insicura manifestazione del tempo che passa.... abbiamo relegato allo sguardo altrui tutto il nostro essere fin da ragazzine ma forse a quell'età lì può anche andare bene (serve per la procreazione!!!!)ma poi ci vergognamo di invecchiare e notare dei cambiamenti percettivi nella nostra realtà. se la smettessimo di volerci confondere con le 20enni attuali e guardare a quanto abbiamo fatto e sostenuto mandando a quel paese l'indifferenza altrui (soprattutto quella maschia e quella che a volte si ha più vicina)saremmo delle gran signore. altro che il surrogato delle veline. le vecchie incartapecorite che tentano di annullare la loro vecchiaia mi fanno orrore e mai pena.... non parlo di vestiti o di trucchi ma di voler nascondere il tempo che passa che invece di prenderlo come un dono lo si rifiuta nella nostra pelle. le donne grandi devono liberarsi dal giogo dell'eterna bellezza esteriore giovanile perchè anche a 70 anni c'è una bellezza meravigliosa e giocosa. non si tratta di coraggio ma solo di intelligenza e armonia. e per quanto riguarda il mio lui io lo aspetto a casa come un generale vestito da gheisha (la mia natura) in medio stat virtus... vedi un pò tu che puoi pensare!!!!! ciao
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