Articolo del 11-8-2014
Parliamo di una Bari diversa, di una città deserta alla controra, d’estate, quando nel silenzio dell’afa pomeridiana si sentiva risuonare per le vie del centro, stretto nel quartiere murattiano, la campanella della biblioteca ambulante che affittava i volumi di narrativa che le ragazze prendevano in prestito, per lo più di nascosto dai genitori, quando ancora la cultura rischiava di essere insidiosa, portatrice di strane idee e grandi rivoluzioni.
Una Bari che, sfogliando gli album di famiglia, posso immaginare
soltanto in bianco e nero. Poche le automobili, per lo più Fiat topolino e
vecchie Lancia, le stesse che, guidate da giovani universitari o neo
professionisti, seguivano come in processione le ragazze di buona famiglia che
uscivano dal Margherita, scortandole poi fin sotto casa. Le stesse auto che stazionavano
sotto i palazzotti signorili a fare la posta fino a sera, in attesa che la
ragazza in questione scendesse da sola: impossibile in un tempo in cui le più
belle andavano a passeggio con la scorta.
Lei, Alma Rosa, veniva dal nord, come diceva sempre sua
madre, mia nonna Rosetta, loro venivano dall’altra Italia, definizione
comprensibile in un tempo in cui capirsi e parlare la stessa lingua sembrava ancora
un’utopia.
Erano arrivati da Vallecrosia negli anni ’30. Suo padre,
Almo Bibolotti, di stirpe anarco comunista, aveva
infilato in auto famiglia e bagagli senza neppure aver pensato a una meta. Decisero
di insediarsi a Bari dopo essere stati fermati, a Modugno, dalla processione
della Madonna.
La grande Villa Liberty dove Alma Rosa visse la sua breve esistenza
barese, prima di trasferirsi a Parigi lasciando dietro di sé un alone di
mistero e scandalo, era in viale Orazio Flacco, prima ancora che sorgesse il
quartiere Poggiofranco, quando tutta la Bari che adesso si unisce senza
soluzione di continuità all’hinterland, non era neppure immaginabile.
Intanto la guerra era finita, e la gioia di vivere, di
scoprire e conoscere il mondo era palpabile tra i giovani non ancora ribelli,
non ancora politicizzati ma pieni d’idee per un futuro diverso, se non altro
migliore. Nell’attesa, ballavano il twist nelle tavernette, dove Alma Rosa già
dettava le tendenze della moda.
Non era fatta per lei la vita borghese di madre e moglie,
pur essendo stata sempre una donna dall’etica di ferro e la morale salda, non
accettava di essere soltanto bella: la più bella donna di Bari. Cercava
l’autonomia, voleva trovare la sua strada, un modo per esprimere le proprie
idee. Non era fatta per lei una città così piccola, dove la vita mondana si
riduceva al Circolo della Vela e alla Fiera del Levante. Così fuggì nella
notte, come in un film, ben celata dietro occhiali da sole e foulard, lasciando
che le chiacchiere sull’annullamento del suo matrimonio sancito dalla Sacra
Rota, si spegnessero da sole. Ma all’epoca gli argomenti di conversazione erano
pochi e le riviste scandalistiche anche e una donna che era partita alla
ventura trovando lavoro nella casa di mode più esclusiva al mondo, la Maison
Dior, non poteva che fare notizia. Fu così che Alma Rosa rimase nella memoria
della borghesia barese e in vetrina, quella del negozio di fotografie Antonelli
in via Sparano.
Non poteva che far parlare di sé lei che viaggiava sugli air
bus più veloci al mondo facendo la spola tra
Roma e Parigi, tra sfilate di alta
moda e feste. Incuriosiva, lei che tornava a Bari una volta l’anno distribuendo
sorrisi e doni, che portava con sé l’aria metropolitana che chiunque le si
avvicinasse riusciva perfino a respirare, e i racconti, storie, atmosfere che
allora, senza il web, si potevano soltanto immaginare. I costumi da bagno, per
esempio, i cui modelli esclusivi aveva creato da sé, e che mostrava facendo la
passerella su tacchi vertiginosi al Trampolino, tra le ragazze che, poco
depilate e fasciate in orribili costumi fatti a maglia, caldi e pesanti, la
guardavano ammirate.
Alta, per i canoni dell’epoca altissima, pelle ambrata e
occhi da cerbiatta, Alma Rosa lasciava tutti senza parole, lei, però, di parole
gentili ne aveva sempre per tutti, anche per la ragazza tracagnotta che veniva
dal paese a prestare servizio intero in villa e che la guardava come in sogno,
ascoltando la sua voce calda e pastosa e quella bella “erre” francese.
Alma Rosa era una ventata d’aria fresca da respirare a pieni
polmoni. Mai un’ombra di rimpianto, mai un’espressione di rimorso sfuggita in
un sospiro troppo lungo.
Era andata dritta per la sua strada e stavolta con una meta
ben precisa. Di fibra forte come sua madre e sua nonna, aveva deciso di non
lasciarsi fermare dalle convenzioni sociali e dalle parole degli altri e di
realizzare la vita da sé, così come l’aveva sognata, piena di amore, eleganza e
classe.
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