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mercoledì 26 dicembre 2012

Deriva #12 Questione di ISMI: sessismi, nervosismi, estremismi

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“Hai qualcosa contro le puttane o usi le parole a cazzo? #senzapolemica”.
Ecco cosa mi è stato gentilmente indirizzato il giorno della vigilia di Natale da qualcuno  di cui ignoravo l’esistenza, senza il quale stavo da dio, con cui non ho mai scambiato un carattere e che nemmeno ha provato ad alleggerire il tuit con mezza emoticon (;), :D).
Naturalmente anonimo, non so se uomo o donna e sicuramente inopportuno, l’account è stato prontamente bannato. Ho più volte affermato che avrei evitato la polemica con anonimi e ho semplicemente tenuto fede a una promessa. Offeso/a dal BAN, il tuittero è andato a riferire il mio orribile misfatto ad amici comuni, usanza sì assai infantile “quello mi ha bannatoooo ta ta terooo”.
L’evitabile diatriba è nata dopo che ho chiesto di rituittare un mio post che parlava di sadomasochismo e che, ancora una volta e per il bene di molti, andava contro la tendenza comune a pubblicizzarlo come pratica “soft” nata dai romanzi rosa estivi e di fatto non contemplata negli ambienti sadomaso né dagli “Esperti” che, casomai dovessero tenere tra le mani una verginella in vena di romanticherie sfumate, rischierebbero di farle del male. Ero più imbestialita che mai perché dichiarare su un sito per giovanissimi che “il sadico è colui che ti guida in un percorso di piacere e non attraverso il dolore” è una di quelle “puttanate” grosse quanto il mondo oltre che assai pericolosa.
Oi oi oi… mai l’avessi scritto. Nel giro di venticinque secondi, forse a causa del nervosismo mattutino o dell’arrivo del santo Natale, mi è stato infilato il dito inquisitore nell’occhio. Nonostante la mia quotidiana difesa delle sex worker, la mia amicizia con molte di loro, i racconti dove spesso le mie protagoniste si fanno pagare –per amore, bisogno o semplice curiosità e piacere-, la figlia del femminismo più aggressivo e ignorante, se avesse potuto mi avrebbe mangiata viva. Poco importa se sono donna e predicatrice della “sorellanza” per un triste destino sono stata pubblicamente umiliata e derisa.
Anziché occuparsi del vero problema, ossia che nonostante la questione del “sessismo linguistico” sia antichissima tanto da essere stata sollevata la prima volta da Rosa Luxemburg, per pigrizia e abitudine si tende a lasciare al maschile tutte le cariche di prestigio ricoperte da donne, si attacca qualcuno perché usa un termine proprio e di uso comune: puttanata.
Chi mi ha aggredita forse non sa che la questione del “linguaggio” sessista non contempla la cancellazione di questo sostantivo, ma l’eliminazione della supremazia di sostantivi maschili a dispetto di quelli femminili. Prego quindi, prima di scagliarsi contro qualcuno, di verificare cosa riporta il dizionario.
A uso e consumo dell’account aggressivo e di altri, riporto diligente la definizione Treccani. Puttanata s. f. [der. di puttana], volg. – Azione da puttana; solo in senso fig., azione disonesta, sleale, o anche solo sciocca, maldestra, oppure cosa di scarsissimo valore, spec. con riferimento a pubblicazioni e spettacoli: che p.questo film! (o questa commedia!questo romanzo!).
Definire un articolo “puttanata” rientra quindi in un uso più che corretto della lingua italiana ed è eventualmente l’account in questione che dovrebbe approfondire la questione di “Lingua e sessismo”.

Essere sessisti significa giudicare la capacità e l’attività di un essere umano attraverso l’appartenenza a un genere piuttosto che a un altro. Combattere il sessismo attraverso un uso meno discriminante del linguaggio significa demolire l’egemonia delle forme maschili dal sistema linguistico comune.
Secondo l’account in questione, invece, anche gli spaghetti alla puttanesca andrebbero banditi dalle tavole degli italiani e tutti i maschi incarcerati e condannati per direttissima ai lavori forzati per ogni sculacciata accompagnata da frasi del tipo “sei la mia puttana” o “bella troia fatti scopare” sussurrati alla propria compagna consenziente.
Se, come sostiene Alma Sabatini nel saggio del 1993 “Il sessismo nella lingua italiana”, partendo dal linguaggio si possono correggere usi e “scostumi” lesivi per la donna, non è certo con l’aggressione indiscriminata che esso si può correggere. Nel mio caso ci rimango male, ci penso e rispondo, nel caso di qualunque cittadino veramente misogino, un atteggiamento così può sortire effetti decisamente contrari.
In questi ultimi anni abbiamo fatto molti passi avanti –a parte che nell’atteggiamento aggressivo tra donna e donna- dopo gli ultimi omicidi –troppi, efferati e incomprensibili- la scrittrice Michela Murgia ha invitato colleghi, giornalisti e creativi a dare il giusto peso alle parole eliminando qualsiasi immagine inviti ad associare l’amore o la seduzione alla morte.
Noi Common dovremmo invece provare, se proprio non cerchiamo la lite a tutti costi, ad avere un approccio meno ostile, a leggere tra le righe e soprattutto a valutare il soggetto scrivente. Se proprio siamo nervosi mettiamo i polsi sotto l’acqua gelata. Perché capisco la difesa delle sex worker ma se dovessimo cedere all’estremismo come l’account vorrebbe, dovremmo quindi eliminare anche termini come “cazzata” o “bestialità”. Non sono forse offensivi nei confronti del maschio o degli animali?
Siamo alla #deriva. 
Come ho scritto più volte avere facoltà di parola non significa dover necessariamente farne uso, non sempre una certa idea è condivisa da tutti e se inquadrare qualcuno attraverso stereotipi è sbagliato, discriminarlo è sbagliato, chiamare le cose con il proprio nome, non lo è.


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