“Hai qualcosa contro le puttane o usi le parole a cazzo?
#senzapolemica”.
Ecco cosa mi è stato gentilmente indirizzato il giorno della
vigilia di Natale da qualcuno di
cui ignoravo l’esistenza, senza il quale stavo da dio, con cui non ho mai
scambiato un carattere e che nemmeno ha provato ad alleggerire il tuit con
mezza emoticon (;),
:D).
Naturalmente anonimo, non so se uomo o donna e sicuramente
inopportuno, l’account è stato prontamente bannato. Ho più volte affermato che
avrei evitato la polemica con anonimi e ho semplicemente tenuto fede a una promessa.
Offeso/a dal BAN, il tuittero è andato a riferire il mio orribile misfatto ad
amici comuni, usanza sì assai infantile “quello mi ha bannatoooo ta ta terooo”.
L’evitabile diatriba è nata dopo che ho chiesto di
rituittare un mio post che parlava di sadomasochismo e che, ancora una volta e
per il bene di molti, andava contro la tendenza comune a pubblicizzarlo come
pratica “soft” nata dai romanzi rosa estivi e di fatto non contemplata negli
ambienti sadomaso né dagli “Esperti” che, casomai dovessero tenere tra le mani
una verginella in vena di romanticherie sfumate, rischierebbero di farle del
male. Ero più imbestialita che mai perché dichiarare su un sito per
giovanissimi che “il sadico è colui che ti guida in un percorso di piacere e
non attraverso il dolore” è una di quelle “puttanate” grosse quanto il mondo
oltre che assai pericolosa.
Oi oi oi… mai l’avessi scritto. Nel giro di venticinque
secondi, forse a causa del nervosismo mattutino o dell’arrivo del santo Natale,
mi è stato infilato il dito inquisitore nell’occhio. Nonostante la mia quotidiana
difesa delle sex worker, la mia amicizia con molte di loro, i racconti dove
spesso le mie protagoniste si fanno pagare –per amore, bisogno o semplice
curiosità e piacere-, la figlia del femminismo più aggressivo e ignorante, se
avesse potuto mi avrebbe mangiata viva. Poco importa se sono donna e predicatrice
della “sorellanza” per un triste destino sono stata pubblicamente umiliata e
derisa.
Anziché occuparsi del vero problema, ossia che nonostante la
questione del “sessismo linguistico” sia antichissima tanto da essere stata
sollevata la prima volta da Rosa Luxemburg, per pigrizia e abitudine si tende a
lasciare al maschile tutte le cariche di prestigio ricoperte da donne, si
attacca qualcuno perché usa un termine proprio e di uso comune: puttanata.
Chi mi ha
aggredita forse non sa che la questione del “linguaggio” sessista non contempla
la cancellazione di questo sostantivo, ma l’eliminazione della supremazia di
sostantivi maschili a dispetto di quelli femminili. Prego quindi, prima di
scagliarsi contro qualcuno, di verificare cosa riporta il dizionario.
A uso e consumo
dell’account aggressivo e di altri, riporto diligente la definizione Treccani. Puttanata s. f. [der. di puttana], volg. – Azione da puttana; solo in senso fig.,
azione disonesta, sleale, o anche solo sciocca, maldestra, oppure cosa di
scarsissimo valore, spec. con riferimento a pubblicazioni e spettacoli: che p.questo film! (o questa
commedia!, questo romanzo!).
Definire un articolo “puttanata”
rientra quindi in un uso più che corretto della lingua italiana ed è eventualmente
l’account in questione che dovrebbe approfondire la questione di “Lingua e
sessismo”.
Essere
sessisti significa giudicare la capacità e l’attività di un essere umano
attraverso l’appartenenza a un genere piuttosto che a un altro. Combattere il
sessismo attraverso un uso meno discriminante del linguaggio significa demolire
l’egemonia delle forme maschili dal sistema linguistico comune.
Secondo l’account in questione, invece, anche gli spaghetti
alla puttanesca andrebbero banditi dalle tavole degli italiani e tutti i maschi
incarcerati e condannati per direttissima ai lavori forzati per ogni
sculacciata accompagnata da frasi del tipo “sei la mia puttana” o “bella troia
fatti scopare” sussurrati alla propria compagna consenziente.
Se, come sostiene Alma Sabatini nel saggio del 1993 “Il sessismo
nella lingua italiana”, partendo dal linguaggio si possono correggere usi e “scostumi”
lesivi per la donna, non è certo con l’aggressione indiscriminata che esso si
può correggere. Nel mio caso ci rimango male, ci penso e rispondo, nel caso di
qualunque cittadino veramente misogino, un atteggiamento così può sortire
effetti decisamente contrari.
In questi ultimi anni abbiamo fatto molti passi avanti –a
parte che nell’atteggiamento aggressivo tra donna e donna- dopo gli ultimi
omicidi –troppi, efferati e incomprensibili- la scrittrice Michela Murgia ha invitato
colleghi, giornalisti e creativi a dare il giusto peso alle parole eliminando
qualsiasi immagine inviti ad associare l’amore o la seduzione alla morte.
Noi Common dovremmo invece provare, se proprio non cerchiamo
la lite a tutti costi, ad avere un approccio meno ostile, a leggere tra le
righe e soprattutto a valutare il soggetto scrivente. Se proprio siamo nervosi
mettiamo i polsi sotto l’acqua gelata. Perché capisco la difesa delle sex
worker ma se dovessimo cedere all’estremismo come l’account vorrebbe, dovremmo quindi
eliminare anche termini come “cazzata” o “bestialità”. Non sono forse offensivi
nei confronti del maschio o degli animali?
Siamo alla #deriva.
Come ho scritto più volte avere facoltà
di parola non significa dover necessariamente farne uso, non sempre una certa
idea è condivisa da tutti e se inquadrare qualcuno attraverso stereotipi è
sbagliato, discriminarlo è sbagliato, chiamare le cose con il proprio nome, non
lo è.
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