Torno ogni volta a mezzanotte. A mezzanotte come Cenerentola
mi sfilo le scarpe per non svegliarli, per le scale, esattamente a metà, al
secondo piano di quattro, sul pianerottolo dove mia suocera, ogni martedì a
mezzanotte meno cinque, appoggia l’occhio allo spioncino della porta.
Ma il martedì è un giorno sacro. Il martedì è il mio giorno
speciale, intoccabile per tradizione di famiglia. Fossimo vissuti in America,
glielo avrei fatto inserire tra le clausole del contratto prematrimoniale che
il martedì non si tocca.
Me lo suggerì mia nonna -e come insisteva ogni volta- che mi
tenessi uno o più giorni tutti per me. Corsi di danza, di nuoto, di disegno.
Tornei di burraco.
Anche mia madre, mi disse, aveva il suo giorno libero.
Non si sa mai, mi diceva, un giorno potrebbe servirti da
usarlo altrimenti, e poi mi sorrideva intendendo sempre qualcosa d’altro,
qualcosa che io adolescente un po’ capivo già e di cui però mi vergognavo molto.
Non si sa mai figlia mia… aggiungeva con un che di esperto e
cinico nello sguardo. Tu tienilo da conto e poi facci un po’ quello che più ti
piace!, ripeteva asciugandosi le lacrime di vecchiaia con il fazzoletto che
teneva nella manica della vestaglia rosa. Sempre quella.
Così ebbi da subito il mio giorno di libertà. Sin da
fidanzati. Per abituarlo.
Il martedì del ballo, del poker o del corso di karate. Il
martedì del corso di cucina, di canto e di scrittura creativa.
Nessun impegno materno, casalingo o coniugale. La libera
uscita della servetta, insomma. Un respiro lungo fuori da una scelta sbagliata
e una strada senza uscita.
Inutile anche piangere sul latte versato: due figli gelosi,
grassi, egocentrici e ormai adolescenti e un marito silenzioso, spesso assente e
pessimista. Così pessimista che nemmeno mi ha dato mai il buon giorno. Così
pessimista da non augurami mai “buon compleanno”, o “felice anno nuovo”, la
sera di capodanno.
Una suocera perspicace come la madre del nazista Sebastian
in Notorius. Sveglia come una vecchia volpe e curiosa come una scimmia.
Quattro giorni di libertà al mese in linea di massima.
I martedì del nuoto e del cinema con le amiche.
Ritorno obbligato a mezzanotte perché oltre quell’ora non
c’è niente. Oltre quell’ora c’è soltanto il peccato della notte. Non ci sono
locali aperti. Soprattutto qui al nord, tra le Langhe, che di martedì sera puoi
soltanto inginocchiarti sui ceci e pregare che accada qualcosa. Che ci sia
almeno il loro talent show preferito, o un terremoto.
Ritorno a mezzanotte come Cenerentola.
Che comunque sia devo smettere alle ventidue, almeno.
Farmi la doccia, anche. Togliermi la tensione di dosso. Darmi un velo di trucco, appena
un’ombra di profumo tra i capelli da spazzolare prima accuratamente, perché non
ci rimanga niente tra i ricci, una macchia biologica del cazzo riconducibile al
mio peccato.
Certo, sì, una buona scusa si trova sempre, la macchina che
non parte, un tacco rotto, la pioggia battente. Certo non il traffico, qui dove
al martedì non girano nemmeno i taxi e alle sette, d’inverno, le insegne dei
negozi sono già spente. Anche quelle delle pompe funebri e della guardia
medica.
Ritorno a mezzanotte anche quando lui è fuori per lavoro.
Mezzanotte anche se quel martedì è l’otto Marzo e ho la scusa che si va in
città per il karaoke, a trenta chilometri di distanza, in un locale pieno di
gente.
Ritorno a mezzanotte anche se è il mio compleanno.
Per le feste comandate che capitano di martedì, sposto la
mia giornata libera a data da destinarsi. Un giorno libero che perderò per
sempre.
È perciò che me lo godo fino in fondo il mio martedì del
tennis, del corso d’inglese e della prosa.
Ci vuole pazienza a sopportare una vita fatta di gesti
uguali e uguali menù settimanali. Una libera scelta imposta da antiche
abitudini familiari e dalla disoccupazione. Una strada a senso unico e senza
uscita.
Ci vuole fantasia a trovare uno scopo nella vita, quando gli
anni sono passati e nessuno me li ridarà indietro.
Per questo che il mio martedì è sacro e non si tocca.
Sono diventata abile a finire tutto per tempo.
Prima, per trovare quello giusto leggevo la posta del cuore
e le rubriche d’incontri. Ora c’è Internet. Adesso ci sono i social
network.
Lo scelgo sposato e pessimista come mio marito.
La mia è una missione. Una guerra santa. Una vocazione. Un
talento finalmente appagato.
Il martedì è la giornata giusta per un incontro al buio. I
ristoranti sono deserti, pochi i testimoni intorno.
Ho imparato tutto da certi romanzi che mi passava mia nonna.
Le tecniche investigative sono migliorate e così le mie tecniche di
occultamento.
Adesso uso gli acidi per sciogliere i loro corpi. Qualcosa
devo pur farmene della mia laurea in chimica. Sul web si trova proprio di
tutto, anche il modo per rimanere anonimi.
Se non posso cambiare la mia vita, posso darne una nuova a
tutte le altre.
"Da Henry James, il padre di tutti coloro che, nei tempi moderni, raccontano storie, Alice Munro ha imparato che la prima qualità di un racconto è l’enigma: ogni storia è un mistero, che la collaborazione dell’autore e del lettore portano lentamente alla luce" (Pietro Citati)...
RispondiEliminaIo non posso aggiungere nulla a Citati, ma solo usare le sue parole, rubarle, per te. Questo racconto svela, alla fine, non un enigma, ma una sorpresa. Forse è la stessa cosa, chi lo sa. Silvano C.
Tu sei troppo buono caro Silvano. E io, poi, come sai, credo a tutto ciò che mi si dice. :D Grazie di cuore.
RispondiEliminaQuesto giorno libero è un'idea splendida!
RispondiEliminaQuesto commento è stato eliminato da un amministratore del blog.
RispondiElimina@narcisa, se mi leggi scrivimi qui Bibolotty@gmail.com Se vuoi leggere sciocchezze ho messo su un altro Bibolottymoments su wordpress. https://bibolottymoments.wordpress.com Ciao cara. Un abbraccio :D
RispondiEliminadecisamente, Elena, ferma non sai stare... Silvano...
RispondiEliminaIn che senso Silvano? :D
RispondiElimina