L’invito insistente
Sono ore che scrivo, che cerco d’imbastire un post sul
“tradimento” che non sappia però di luogo comune, ma sono costretta ad abdicare.
Mi riesce più semplice parlarne attraverso storie immaginarie, perché alla
fine, gira e rigira, del tradimento e delle sue cure possibili non se ne può
proprio più soprattutto quando, nonostante tutto ciò che si è scritto, ci ostiniamo
a meravigliarcene ancora.
Ciò di cui mi meraviglio sul serio, invece, è che nonostante
i millantati corsi e le numerosissime lauree in Scienza Comunicazione, e quando
in tanti si dicono maghi nel self management e dello start up d’impresa, ancora
in troppi si dedicano all’arte di scatenare odio e rancore, il “ban” e lo
sputtanamento pubblico da parte dei propri “friend” di feisbùc.
Non è raro, infatti, leggere status del tipo: basta
inserimenti nei gruppi!, vi prego non invitatemi più da nessuna parte!, tra
poco sarò costretto a cancellare chiunque m’invii inviti.
Hanno ragione, perché basta.
Perché mi costringete a scriverlo per esteso e a caratteri cubitali
che non se ne può più d’inviti a manifestazioni che il novantotto per cento
delle volte vengono declinati con un paio di bestemmie domenicali.
Stamattina me ne sono arrivati otto.
Ieri ne ho cancellati duecentosei. DUECENTOSEI!
Corse campestri in Valle d’Aosta, meeting di motociclisti
nel Veneto, incontri tra maghe e tarocchiste, corsi di scrittura creativa tenuti
da Pincopallo e Sempronio – perché poi, più le case editrici sono piccole più
corsi devono mettere in piedi-, corsi di fotografia e poi mostre, spettacoli,
fiere: della salsiccia, della melanzana arrostita del topinambùr e del burro di
arachidi.
Iniziative tra le più diverse e che non interessano quasi
mai il ricevente.
Sorvolo su quelli che sono gli aspetti positivi del social media, li conosciamo tutti: amicizie, minor senso di solitudine e informazione 24h e di vario genere, soprattutto non condizionata dai governi che vogliono farci sapere solo ciò che più li tutela.
Ed è anche per questo che mi preme sensibilizzare qualcuno a evitare certi eccessi, perché la vita su Faccialibro è ormai tutto un evento, ossia,
nessun evento.
Eh sì, perché a pensarci bene, questa parola, nata grazie ai
“PR” in voga dei locali della capitale durante i favolosi anni "dell’edonismo
reganiano", significa veramente poco.
Perché se l’evento è la presentazione del libro di Caio
nella libreria di Tizio presenti dodici persone -dico dodici- per la metà
familiari allora vorrei sapere per quale motivo si tratta di un “evento”.
L’evento si riferisce a un avvenimento lieto o disastroso
già avvenuto o che potrebbe avvenire: una calamità naturale, una nascita,
l’inaugurazione del più esclusivo shopping center del pianeta, il primo però, perché già il secondo non è una novità.
Vedo amiche che hanno il dono dell’ubiquità e che in un solo
pomeriggio partecipano a una manifestazione nazionale a due mostre e a un
reading letterario.
Perché alla fine, anche per gli organizzatori quella di FB è
una vera e propria trappola più che un’opportunità. Infatti, finché non rifiuti
l’invito o non accetti, finché non clikki su uno di quei maledetti pulsantini e
non chiedi di eliminare le notifiche riceverai duemilacinquecento
aggiornamenti.
Succede quindi che i meno sinceri, la maggior parte dunque, quelli
che preferiscono tenersi amici un po’ tutti, accetteranno l’invito dimenticando
poi di andarci.
Gli organizzatori si troveranno con un catering per centro
persone da distribuire ai venti carissimi amici arrivati puntuali perché
proprio non potevano farne a meno.
Intanto, come dice un mio carissimo amico scomparso dai
pixel già qualche mese fa, in questo momento è meglio il “non esserci” di
morettiana memoria anziché l’esserci male. Uno dei motivi per cui mi rifiuto di
mettere la parola “fine” ai miei manoscritti, è proprio quello di vedermi
costretta a inviare e mail amichevoli con il link su cui acquistare la mia novità
letteraria. Ma questo è un altro argomento che ha più a che vedere con la
#derivadellaletteratura ed è una storia che prima o poi analizzerò cercando di
non farmi prendere la mano.
Ma tornando a Faccialibro, vogliamo parlare dei gruppi?
Devo soffermarmi su quante volte mi risveglio partecipante a
gruppi cui non ho mai deciso di aderire?
Gruppi che sono così distanti dai miei interessi che mi
domando se quelli che m’inviano sono gli stessi che clikkano “mi piace” al mio
post senza nemmeno averlo letto, gli stessi che mi domandano in DM chi sono e
cosa faccio dopo aver rituittato un mio articolo e quando il mio curriculum è
su almeno cinquanta portali diversi visto che sono disoccupata. Gli stessi che
commentano senza leggere i link che generosamente posti e che dicono
esattamente il contrario di quanto loro affermano, probabilmente, chi m’invita
ad acquistare un giornale di destra non ha mai scorso nemmeno la mia bacheca. E
questa, io, la chiamo mancanza di rispetto.
Perché basta veramente poco per fare del marketing
intelligente e far sì che il nostro prossimo non s’imbestialisca, ma anzi,
partecipi di buon grado alle nostre strabilianti iniziative. Basta un minimo
d’impegno in più, per evitare che il ditino impertinente “flagghi” chiunque indiscriminatamente
solo perché ha avuto la malsana idea di mettersi su feisbùc senza riuscirne più
a venirne fuori.
Perché è una perdita di tempo portare il mouse in alto a
sinistra e sbuffare, andare sulla pagina e clikkare che no, non voglio più
ricevere notifiche e che sì, voglio assolutamente uscire dal gruppo. Perché è
una noia quando ne arrivano otto in una sola mattinata e duecento a settimana.
Allora. Se nonostante avete già sperimentato che la comunicazione
su feisbùc non funziona o comunque non funziona come speravate, ma vi
ostinate a credere che sia comunque meglio di niente, fate almeno un elenco di
massima dei vostri contatti dividendoli, chessò, per città, regione o
interesse. Se avete poi una segretaria –giovane per carità e senza esperienza-,
visto che sicuramente sta già su FB da mattina a sera, fatele fare questo
genere di lavoro così almeno si risparmia le palpitazioni di essere beccata in
flagrante in chat.
Evitate comunque di inviare troppi inviti –direi che uno al
mese è già seccante- fate dei gruppi di massima o domandate a ogni contatto –so
che è una fatica ma è meglio che sentirsi mandare pubblicamente a quel paese-
se desiderano o meno essere aggiornati sulle vostre attività.
Questa è una vecchia legge di mercato: un eccesso di
informazione equivale a nessuna informazione.
Ah... lo stesso vale per il tradimento, quando pensiamo di
conoscere così bene la persona che ci sta accanto da sembrarci impossibile che possa
capitare proprio a noi.
non è questione di web marketing.
RispondiEliminaE' che si è portati, per comodita e .. un po di narcisismo, a ritenersi in grado di fare qualcosa nel momento in cui se ne hanno gli strumenti.
Il mio primo collegamento a internet è stato a marzo 1998, se non ricordo male.
da allora ho maturato la convinzione che internet avrebbe fatto sviluppare e potenziato POCHE attivita e fatto comodo a POCHE persone.
I danni sulle altre sarebbero stati immani.
Tutti o quasi son diventati:
grafici
web master
psicologi
biologi
ambientalisti
architetti
curatori alternativi
vegetariani (col kebab in bocca)
comunicatori
filosofi
politici esperti
fichi.
non si possono seguire piu di 250 persone su FB.
A parte i limiti imposti dal software (seleziona da se cosa far vedere e cosa no e da parte di chi), ci sono limiti umani oggettivi oltre che temporali.
Basta selezionare i contatti.
Se il compiacimento di avrne millemila supera l'onesta di avere a che fare solo con chi vuoi avere a che fare.. beh.. trovarsi in 100 gruppi al giorno è fisiologico.
Vai col repulisti!