L’appartamento era inondato di sole, i cassetti tracimavano una vita piena di ogni ben di Dio e di difficoltà. Cartoni, uno sull'altro, ingoiavano suppellettili e abiti insieme a ricordi e contrattempi.
Il banano gocciolava linfa e gli orologi a parete, di cui faceva collezione, battevano in controtempo fra loro: segnavano tutti un’ora diversa perché per Lia il tempo non aveva importanza.
Aveva aperto il portone sapendo che quell’incontro sarebbe stato l’ultimo. Fermò, succhiando con forza, il sangue che usciva da un pezzo di pelle tirato via d'istinto, solo un bruciore intenso. Pensava che quella storia andasse chiusa e senza tante domande. Era diventata una consuetudine.
Scrollò leggermente la testa e i capelli caddero sulle spalle magre.
Lasciò la porta socchiusa, scalciò con un destro elegante qualcosa che intralciava il suo cammino e svoltò a sinistra per la cucina.
Questa volta il ragazzo la prese nell’ingresso, inaspettatamente, come piaceva a lei.
Lia aveva un profumo speciale, e mentre glielo sibilava all’orecchio, lei, incontrando il suo sguardo lucido, si domandò da quanto tempo fossero amanti.
Ricordava che quel giorno, le lunghe mani abbronzate del giovane tenevano con cura un volume, un catalogo su Hopper.
«Ho appena visto la mostra a Milano!» gli aveva detto quel mattino, sempre in vena di comunicare con chiunque. A guardarlo con attenzione si sentì al cospetto di un capolavoro, come nei Santi di Caravaggio, gli occhi del ragazzo erano rivolti verso altezze supreme, destinato e piegato con dolore a verità sublimi.
E Lia, ancora adesso lo guardava incantata, sotto di lei, riflesso nello specchio che sul pavimento stava in attesa di essere incartato per una destinazione ancora imprecisata.
Attenta, la donna seguiva le linee senza sbavature del ragazzo. Il naso dritto, lungo e importante, la carnagione scurissima che dava ancora più luce agli occhi chiari. Sapeva che quello sarebbe stato l’ultimo di una serie infinita di incontri passionali ma sempre uguali.
«Ci vedremo ancora?»
E Lia trasformò prontamente la falsa promessa, in mugolii lunghi e intensi e si eclissò di nuovo in se stessa accompagnando il movimento dei fianchi con dei –sì- che si riferivano ad altro, distraendo così l'amante da quell’interrogativo inopportuno e dalla sua mancata risposta.
Lia stava pensando, divagava!
Eppure non riusciva a immaginare la sua vita senza quella consuetudine, quella certezza, la stampella comoda di un corpo che abbraccia e non cattura, che tocca lievemente senza lasciare tracce indelebili, che non fruga violentemente nei pensieri e nell’anima.
Lo baciava come sempre con passione simulata, accarezzava il corpo sottile e nervoso solo per accerttarsi che nulla avesse scalfito quella bellezza, che nessuna cicatrice o graffio avesse tolto da quel corpo l’aspetto incorruttibile di sempre.
E lo guardava, ancora.
Nello specchio, in quella cornice, faceva l'elenco degli aspetti che lui non avrebbe mai notato: una velata mancanza di autostima, il carattere pigro, l’assenza di fiducia nel prossimo.
Le mani sottili e lunghe del giovane continuavano a fare il loro dovere mentre lei continuava a catturare fotogrammi e a scattare istantanee da attaccare su qualche parete della sua memoria, quella rimasta libera.
E più quegli occhi chiari la guardavano con intensità commovente, più Lia ripeteva a se stessa che quella volta serebbe stata l’ultima finché l’uomo si fermò portandola a sé in un abbraccio che voleva dire: non mi lasciare.
La donna rimase in ascolto -ecco il tram delle diciassette e trenta, le campane di Santa Maria Maggiore, quelli del piano di sotto che si chiedono da settimane la stessa cosa girandoci intorno...- e incontrò di nuovo il ragazzo nello specchio.
Lo vide questa volta umiliato dal suo distacco algido.
«Beh? Qual è il problema adesso?», e già si era alzata indossando qualcosa che giaceva ai suoi piedi, una tunica di garza scura che lasciava trasparire tutto ciò che faceva di lei una donna speciale.
«Allora?» gli domandò senza guardarlo, affaccendata fra capelli e il trucco, come si parla a un cane che ha sporcato in salone, un cane malato e anziano però, o un cane ferito.
L’uomo non poté fare a meno di nascondere il viso fra le mani lunghe e scure.
«Ecco i ragazzi del trasloco!» e Lia scomparve con un paio di Jeans ancora alle caviglie e la sigaretta fra le labbra nervose.
«Lì, sul terzo ripiano della libreria c’è un libro per te. Poesie».
La voce, calda, aveva attraversato il corridoio ingombro di cartoni raggiungendolo, soffocata.
La sentì di nuovo mentre dava ordini e spiegava con calma ai ragazzi i dettagli del trasloco, poi la vide materializzarsi sulla porta, rivolta verso di lui ma sorridendo a se stessa nel vetro opaco di una finestra, aggiustando infine l’onda della frangia, la testa reclinata appena su un lato.
«Ci vediamo martedì mattina? Ti ho scritto il nuovo indirizzo sull’ultima pagina» e il braccio che tintinnava di bracciali gli indicò il libro che il ragazzo pigro non aveva nemmeno guardato.
Un inaspettato e aspro "non credo ci rivedremo ancora", lasciò la donna senza parole.
Calmo, il ragazzo le si avvicinò e ancora le prese la nuca.
Anche questa volta lei si mise in ascolto: e sentiva solo i ragazzi che spostavano cartoni e la vicina, nevrotica, che urlava.
Il banano gocciolava linfa e gli orologi a parete, di cui faceva collezione, battevano in controtempo fra loro: segnavano tutti un’ora diversa perché per Lia il tempo non aveva importanza.
Aveva aperto il portone sapendo che quell’incontro sarebbe stato l’ultimo. Fermò, succhiando con forza, il sangue che usciva da un pezzo di pelle tirato via d'istinto, solo un bruciore intenso. Pensava che quella storia andasse chiusa e senza tante domande. Era diventata una consuetudine.
Scrollò leggermente la testa e i capelli caddero sulle spalle magre.
Lasciò la porta socchiusa, scalciò con un destro elegante qualcosa che intralciava il suo cammino e svoltò a sinistra per la cucina.
Questa volta il ragazzo la prese nell’ingresso, inaspettatamente, come piaceva a lei.
Lia aveva un profumo speciale, e mentre glielo sibilava all’orecchio, lei, incontrando il suo sguardo lucido, si domandò da quanto tempo fossero amanti.
Ricordava che quel giorno, le lunghe mani abbronzate del giovane tenevano con cura un volume, un catalogo su Hopper.
«Ho appena visto la mostra a Milano!» gli aveva detto quel mattino, sempre in vena di comunicare con chiunque. A guardarlo con attenzione si sentì al cospetto di un capolavoro, come nei Santi di Caravaggio, gli occhi del ragazzo erano rivolti verso altezze supreme, destinato e piegato con dolore a verità sublimi.
E Lia, ancora adesso lo guardava incantata, sotto di lei, riflesso nello specchio che sul pavimento stava in attesa di essere incartato per una destinazione ancora imprecisata.
Attenta, la donna seguiva le linee senza sbavature del ragazzo. Il naso dritto, lungo e importante, la carnagione scurissima che dava ancora più luce agli occhi chiari. Sapeva che quello sarebbe stato l’ultimo di una serie infinita di incontri passionali ma sempre uguali.
«Ci vedremo ancora?»
E Lia trasformò prontamente la falsa promessa, in mugolii lunghi e intensi e si eclissò di nuovo in se stessa accompagnando il movimento dei fianchi con dei –sì- che si riferivano ad altro, distraendo così l'amante da quell’interrogativo inopportuno e dalla sua mancata risposta.
Lia stava pensando, divagava!
Eppure non riusciva a immaginare la sua vita senza quella consuetudine, quella certezza, la stampella comoda di un corpo che abbraccia e non cattura, che tocca lievemente senza lasciare tracce indelebili, che non fruga violentemente nei pensieri e nell’anima.
Lo baciava come sempre con passione simulata, accarezzava il corpo sottile e nervoso solo per accerttarsi che nulla avesse scalfito quella bellezza, che nessuna cicatrice o graffio avesse tolto da quel corpo l’aspetto incorruttibile di sempre.
E lo guardava, ancora.
Nello specchio, in quella cornice, faceva l'elenco degli aspetti che lui non avrebbe mai notato: una velata mancanza di autostima, il carattere pigro, l’assenza di fiducia nel prossimo.
Le mani sottili e lunghe del giovane continuavano a fare il loro dovere mentre lei continuava a catturare fotogrammi e a scattare istantanee da attaccare su qualche parete della sua memoria, quella rimasta libera.
E più quegli occhi chiari la guardavano con intensità commovente, più Lia ripeteva a se stessa che quella volta serebbe stata l’ultima finché l’uomo si fermò portandola a sé in un abbraccio che voleva dire: non mi lasciare.
La donna rimase in ascolto -ecco il tram delle diciassette e trenta, le campane di Santa Maria Maggiore, quelli del piano di sotto che si chiedono da settimane la stessa cosa girandoci intorno...- e incontrò di nuovo il ragazzo nello specchio.
Lo vide questa volta umiliato dal suo distacco algido.
«Beh? Qual è il problema adesso?», e già si era alzata indossando qualcosa che giaceva ai suoi piedi, una tunica di garza scura che lasciava trasparire tutto ciò che faceva di lei una donna speciale.
«Allora?» gli domandò senza guardarlo, affaccendata fra capelli e il trucco, come si parla a un cane che ha sporcato in salone, un cane malato e anziano però, o un cane ferito.
L’uomo non poté fare a meno di nascondere il viso fra le mani lunghe e scure.
«Ecco i ragazzi del trasloco!» e Lia scomparve con un paio di Jeans ancora alle caviglie e la sigaretta fra le labbra nervose.
«Lì, sul terzo ripiano della libreria c’è un libro per te. Poesie».
La voce, calda, aveva attraversato il corridoio ingombro di cartoni raggiungendolo, soffocata.
La sentì di nuovo mentre dava ordini e spiegava con calma ai ragazzi i dettagli del trasloco, poi la vide materializzarsi sulla porta, rivolta verso di lui ma sorridendo a se stessa nel vetro opaco di una finestra, aggiustando infine l’onda della frangia, la testa reclinata appena su un lato.
«Ci vediamo martedì mattina? Ti ho scritto il nuovo indirizzo sull’ultima pagina» e il braccio che tintinnava di bracciali gli indicò il libro che il ragazzo pigro non aveva nemmeno guardato.
Un inaspettato e aspro "non credo ci rivedremo ancora", lasciò la donna senza parole.
Calmo, il ragazzo le si avvicinò e ancora le prese la nuca.
Anche questa volta lei si mise in ascolto: e sentiva solo i ragazzi che spostavano cartoni e la vicina, nevrotica, che urlava.
molto molto interessante, pieno di potenza erotica e mistero
RispondiEliminas.
onorata "anonimo". Lia mi piace molto, fa parte insieme ad Alessandro e Claudia di qualcosa...
RispondiEliminaLia, una donna speciale come te
RispondiEliminagrazie "anonimo", non esageriamo...sono solo caparbia. sono chiara, troppo a volte: qui, nel mondo reale si mangia pane e ipocrisia. ;) pazienza, seppellirò i miei scritti sotto i mattoni di una prigione, come il Marchese nella Bastiglia ma ormai non posso più fare a meno di scrivere.
RispondiElimina:D
"L’appartamento era inondato di sole"
RispondiEliminameglio la stanza, o è un monovano con unico affaccio?
"gli orologi a parete... battevano in controtempo"
RispondiEliminamah...
"Aveva aperto il portone sapendo che quell’incontro sarebbe stato l’ultimo. Fermò..."
RispondiEliminadecidere i tempi verbali della stessa scena
"gli fece lei"
RispondiEliminalei sottinteso
Caro anonimo prima di venirmi a fare la correzione con la penna rossa si presenti. altrimenti risulta maleducato lo sa? è un appartamento ma tutto con l'affaccio a sud magari... in quanto ai tempo verbali li detesto unici, posso anche voler sottolineare e non sottintendere. ma si firmi prima di tutto così ne parliamo più distesamente e mi da anche qualche lezione. la prendo volentieri.
RispondiEliminanon ha dato del maleducato all'Anonimo che le aveva fatto i complimenti...
RispondiEliminaforse per lei è maleducato non chi evita di presentarsi (potendo qui inventarsi un nome che non cambierebbe nulla), ma chi le fa notare quelle che, secondo chi legge, nella sua scrittura sembrano disattenzioni evidenti.
scusi se insisto, ma un appartamento esposto solo a sud, difficilmente sarà inondato di sole, che, come sa, nasce a levante (est) e tramonta a ovest (ponente).
capisco la smania diffusa di scrivere, ma si accettino anche le critiche negative, oltre quelle positive.
ps: "detesto", "posso voler" non sono argomentazioni accettabili su questioni grammaticali; se i personaggi sono due e di sesso opposto, il "lei" è inutile (oltre che sottinteso), prolunga la frase in un testo volutamente breve e agile, e poco 'musicale' accostato a "gli".
preferirei che lei si presentasse, così continua ad essere maleducato, insisto.
RispondiEliminaAnche qui è una questione di forma.
mi dica cortesemente che cosa la spinge a tanto livore, a un modo così ostile di trattare le persone, in questo caso me. controlli il tonointanto e non mi legga se la mia scrittura le da tanta noia. accetto le sue critiche e farò le correzioni ma evidentemente qualcosa nel contenuto l'ha punta sul vivo. la rete è ampia, quindi eviti pure di restare catturato dalla mia a suo avviso, cattiva scrittura.
in quanto al mio accettare o meno le critiche mi chieda scusa visto che non ho messo nessun filtro ai commenti. io non mi nascondo dietro l'anonimato. sto qua, dica pure...
RispondiEliminae comunque buona notte. ah... non sa quanto mi diverte non sapere chi sia, è sempre eccitante avere l'attenzione di qualcuno che non si conosce. e comunque che io sia distratta e disattenta è un dato d fatto. ma mi basta lavorarci su, lo faccio da una vita.
RispondiEliminaanzi mi perdoni "anonimo"-...devo scrivere qui perché non ho la sua e mail- visto che c'è mi corregge anche gli altri post? ;) sia chiaro che non è un romanzo, sono racconti che scrivo in treno, idee, storie...insomma sono dei "post" di un blog... :))
RispondiEliminanè livore, nè ostilità. lei, al contrario, mi ha dato del maleducato rimproverandomi l'anonimato; se il problema è l'anonimato, dovrebbe dare del maleducato anche a chi piace, ma non si è presentato. se no, il problema sono le 'critiche', che farebbe bene ad accettare o respingere con opportune argomentazioni. la scrittura in treno, post di un blog, non contano. lei scrive racconti. io ho letto e le ho fatto notare dettagli che, secondo me, non funzionano (anche nelle risposte). tutto qui.
RispondiEliminae cmq, ha ammesso che la cosa la diverte. ;
sdrammatizziamo, va'! ;)
beh...diciamo che sono io ad aver sdrammatizzato, la mia intelligenza che magari le piace ma che le da anche fastidio: lei ha rilevato alcuni errori di distrazione, banali, stupidi ...niente di che, evidentemente ha anche letto qua e là, ovvio... qualcosa non le è piaciuto: magari il mio sessismo...ciò che non mi è piaciuto in lei è stato proprio il criticare in in certo modo. Comunque come vede ho il buon gusto di ammettere molte cose, sono una donna, lei invece non chiede scusa...è un uomo quasi di certo.
RispondiEliminapresto avrà un mio racconto sull'anonimo e la scrittrice di racconti...forse un giallo a puntate. qui dovrò scrivere una versione per tutti ma le devo dire che mi sono venute proprio ideuzze carine, lo scriverò appunto in treno, oggi.mi ha dato una buona ispirazione. ci saranno sicuramente banali errori di distrazioni, magari glieli scrivo apposta. mi venga a trovare.
'ideuzze carine' meritano attenzione nella scrittura, o restano 'ideuzze'.
RispondiEliminanon ho fatto riferimenti alle tematiche che tratta, ma a questioni di forma nella scrittura.
il suo sessismo, quindi, non c'entra e infatti non è in grado di spiegare la deduzione che non mi piacerebbe.
finalmente, sembra non preoccuparsi dell'anonimato, che, anzi, pare l'abbia anche ispirata...
riguardo il 'modo' di criticare, ammetto di avere snocciolato senza mezzi termini e mi scuso se le sono sembrato scortese.
piuttosto, prenda le mie come provocazioni...
provo ad insinuare che non le dispiacciano.
cerco di farmi perdonare suggerendole il 'nome dell'anonimo' per il suo racconto: Penna Rossa! (metaforicamente molto efficace, dal punto di vista sessista e politico...)
non reclamerò diritti d'autore per il successone...
;)
ormai conosco anche le sue abitudini signor "penna rossa", si affaccia sul tardi. confesso che questo Preminger non l'ho visto, sì...
RispondiEliminaIn quanto alle provocazioni, diciamo pure che sono il sale della mia vita, e che non chiedo altro. E insinui pure, così mi da altri elementi per capire. apprezzo le sue scuse e le auguro una buona notte.
amo l'anonimato sia nella narrazione che nella vita reale. non c'è niente da fare, l'immaginazione vuole spazio e io glielo do.
;))
ah... dimenticavo: anonimo correttore e provocatore comunista! :D ottimo!
RispondiEliminabuona notte a lei!
RispondiElimina;)