Era elegante quando fumava la pipa. Durante quel rito pomeridiano
era in grado di fermare il tempo. Tra la decisione di mettere il segno al libro
e assaporare il tabacco passava un tempo lunghissimo. Anche tra una tirata e
l’altra passavano pensieri, monologhi interiori, domande e recriminazioni.
Alzava lo sguardo verso la finestra sorprendendosi ogni
volta che l’imbrunire fosse calato così in fretta. Poi appoggiava il libro sul
tavolino e si guardava intorno, domandandosi come mai le ore fossero trascorse
nonostante lui si fosse assentato per pochissimo. Sembrava lo dicesse ogni
volta, giustificandosi per quella lunga assenza durante la quale aveva
camminato a casaccio tra parole lette e pensate, tra strati di coscienza
profonda e considerazioni razionali, perché si era lasciato trasportare dai ricordi
che non trascurava mai di contemplare, comunque chino sul libro così da non
darlo a vedere, forse per non farsi sorprendere intento a fermare una lacrima,
o un sospiro.
Capivo che era di nuovo tra noi dallo sguardo ravvivato che osservava
le fronde argentate degli ulivi agitare le braccia, che richiamavano la sua
attenzione alla vita, alla morte che ormai era nei pressi, come diceva troppo
spesso, che gli parlava con voce suadente, quella che ogni uomo infelice vuole ascoltare.
La voce dolcissima della morte che sa tanto di vita a chi ha il cuore così afflitto
da non saper più amare.
Aveva uno sguardo benevolo verso
i suoi numerosi vizi. Che sarebbero stati quelli a ucciderlo lo sapeva
benissimo, che fosse possibile evitarlo, invece, sembrava non lo riguardasse.
Ma trattava con affetto il suo cardiologo. Per Natale gli inviava vini pregiati
e pipe costosissime. Nonostante l’avversione del medico per il fumo. E forse
proprio per quello. Anche il medico lo ricambiava, continuando a seguirlo,
ossessionandolo con inutili raccomandazioni. Nonostante sapesse di averlo già
perso.
La scelta
di pipa e tabacco, difficilissima, gli serviva per riprendersi dalla sorpresa e
sorprendersi ancora nel vedermi sulla porta, intenta a fissarlo. Ogni volta si
domandava chi fossi. Ogni volta quella domanda gliela leggevo in faccia, nel
lampo dorato che si accendeva nel marrone dei suoi occhi: chi sarà mai questa
ragazzina triste che mi osserva dal buio dei suoi occhi taglienti?
Poi, quando mi riconosceva, parlava. Mai della scuola, della
mia recente pessima pagella, mai di fatti contingenti. Non parlava della mia
fuga da casa, vano tentativo di farmi notare, da quell’angolo remoto in cui mi
aveva riposta, magari per venire un giorno a riprendermi. Un giorno che è mai stato.
Però mi parlava, di fioriture e innesti, di quanto fosse più
saggio avere paura dei vivi piuttosto che dei morti, dell’ipocrisia che rende
mostruosa la gente, dell’avidità che la rende folle, della scaramanzia, che è la
scienza degli imbecilli.
Mi sfotteva un po’ per gli anfibi enormi che portavo ai
piedi, per le calze a rete strappate, per il suo cachemire che avevo bucato e indossavo
come un trofeo, guarnito come una torta da un lezioso boa mal cucito sullo
scollo tagliato storto.
Mi guardava con la tenerezza che si riserva ai cuccioli, riconoscendo
in me la sana testardaggine dell’adolescenza e la temerarietà un po’ sciocca.
Perdonava la mia distrazione, redarguiva la leggerezza che usavo nel ferire il
prossimo. Se apprezzasse o meno il mio tentativo di distinguermi non lo saprò
mai. Se oggi scommetterebbe su di me, nemmeno.
A me basta
rivederlo così, una sagoma oscura seduta nell’imbrunire che scuote la testa e
ride tra sé della vita e del mondo intero, che alla fine è ciò che è, un attimo
infinitamente breve di cui resterà poco e niente.
(l'immagine: Uomo che fuma la pipa, Paul Cezanne)
(l'immagine: Uomo che fuma la pipa, Paul Cezanne)
Non mi ricordo dove ma ho già letto dei tuoi anfibi-(morirò con i miei anfibi ai piedi)-mi pare se non ricordo male.Ecco questa è l'immagine che più mi colpisce.Il resto è un inno alla vita e al suo valore,quando i ricordi sono vividi e il passato si intreccia indissolubilmente con il presente.L'uomo con il suo rito e il suo "vissuto";sono il tramite per parlarci di Te. Non ho fatto fatica ad immedesimarmi nel tuo racconto (che mi è piaciuto) ho rivisto dal di dentro i due personaggi uno di fronte all'altro che si guardano malgrado sia passato tanto tempo ormai.
RispondiElimina