Ripenso spesso a quei pomeriggi e al nostro tempo che
sembrava sempre infinito. Al tempo non tempo che appartiene soltanto agli
amanti.
Ricordo la camera che prenotavi, sempre la stessa. La gioia
di trovarti sempre lì, sotto il salice, dopo la curva, dopo quell’attesa
infinita. Perché noi venivamo sempre per ultimi. Noi due venivamo sempre alla
fine, come il dolce, se proprio rimaneva spazio, tempo, testa.
In quelle due righe che erano diventate un’abitudine
insopportabile, che volevano una bugia, in quel quotidiano “abbi pazienza” c’era
tutto il resto, la mia e la tua vita, quella reale.
Noi due venivamo ogni quattro settimane se tutto andava
bene. Un paio d’ore al massimo. Soltanto la prima volta fu per un intero
pomeriggio.
Non c’era occasione migliore. Erano tutti via. I miei, i
tuoi e perfino mia suocera.
Al lavoro avevi inventato una buona scusa e così mi portasti
al lago. La cravatta sobria battagliava con il vento di tramontana e tu
splendevi nel mezzogiorno autunnale.
Dicesti che ero il tuo sogno, la tua unica meta. Che ero la
tua stella polare.
Erano tre anni che ci davamo da fare. Di sguardi, di
dialoghi impacciati, di sfioramenti audaci e basta, in ascensore, tra gli
scaffali, quando ci spostavano di reparto e potevamo stare assieme. Durante le
assemblee sindacali. In sala mensa e subito dopo, fuori, quando domandare del
fuoco per quella frettolosa sigaretta era l’unica occasione per guardarci negli
occhi.
Eri stato chiaro sin dall’inizio. E anch’io. Si scopava e
basta. Ci si raccontava anche, ma poco. Le imprese migliori, certo, quelle più
folli, i segreti inconfessabili, le cazzate assurde di gioventù. Le cose,
sempre le stesse che si raccontano gli amanti per riempire il tempo tra
un’erezione e l’altra. Per respirare dopo tutta quella gioia, alla fine di quel
godimento perfetto che non è ancora abitudine.
Mi prendevi sempre nel modo giusto, sempre alla sprovvista
passandomi le tue labbra sul collo, alitandoci sopra parole sconce,
cercando di toccarmi tutta partendo dai fianchi, guardandomi poi ogni volta
come se non avessi vista mai, come se non mi avresti più vista poi.
Ricordo lo sfinimento e il nostro sorriso appagato.
La doccia obbligatoria che non avrei voluto fare mai. Il
saluto frettoloso davanti agli studi di Cinecittà, nascosti come due imbecilli
dietro grandi occhiali da sole.
Ripenso al perché non ti ho mai più risposto.
Perché sei stato una bella avventura e tanto basta. Perché
se un amante è un amante, non lo è per sempre né per troppo. Perché voglio
infilarti nella cassetta dei bei ricordi, della leggerezza adolescenziale,
delle cazzate che si fanno in primavera. Non ti ho più risposto (nemmeno ho
provato a farlo), perché gli amanti sanno quando il loro tempo non tempo
finisce. E l’incanto era lì, in quella pensioncina sul lago, nella passeggiata
sul molo, impacciati nel descrivere la meraviglia di
quell’istante, senza parole davanti al lago che conteneva cielo e terra assieme.
La nostra storia era tutta lì, la salita ripida e gli
sguardi, l’emozione che cresceva ogni volta. Il tavolino sottile accanto alla
finestra, dove appoggiavo sigarette e posacenere, dove fumavo, dopo, mentre tu
ti rivestivi senza fretta, mentre io ti guardavo così bello e non parlavo.
Una seduzione durata anni consumata in un attimo, sta qui
tutta la bellezza. Non nell’avvicendarsi di stagioni sempre uguali. Di parole
sentite mille volte, di cadenze, di giochi, di nomignoli. In pochissimi
appuntamenti da ricordare per sempre sta la poesia che voglio, cui ripensare
negli attimi bui della mia esistenza, quando mi mancherà la forza di urlare
contro la sordità del mondo.
Nessun addio, nessuna scusa banale.
Nessuna risposta.
nella foto: Woman Writing a Letter
Koikawa Harumachi II (1789 – 1804)fonte: Museum of Fine Arts, Boston
Ad una bella avventura non si può mai dire addio, rimane nel cuore e nell'anima, ma soprattutto negli occhi. Sempre brava Bibolotti. un abbraccio. Lucky
RispondiEliminale storie d'amore finiscono ma restano vive emozioni così ... il bello che c'è in un tempo senza tempo senza perdere il vizio di "vivere"...perchè non conta nulla quanto dura, non conta nulla che forma ha una nuvola...ora che ne sono immersa, è bellissima. Sempre un bel momento leggerti. Cri
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