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domenica 16 novembre 2014

Portrait: donna che scrive una lettera


Ripenso spesso a quei pomeriggi e al nostro tempo che sembrava sempre infinito. Al tempo non tempo che appartiene soltanto agli amanti.
Ricordo la camera che prenotavi, sempre la stessa. La gioia di trovarti sempre lì, sotto il salice, dopo la curva, dopo quell’attesa infinita. Perché noi venivamo sempre per ultimi. Noi due venivamo sempre alla fine, come il dolce, se proprio rimaneva spazio, tempo, testa.
In quelle due righe che erano diventate un’abitudine insopportabile, che volevano una bugia, in quel quotidiano “abbi pazienza” c’era tutto il resto, la mia e la tua vita, quella reale.
Noi due venivamo ogni quattro settimane se tutto andava bene. Un paio d’ore al massimo. Soltanto la prima volta fu per un intero pomeriggio.
Non c’era occasione migliore. Erano tutti via. I miei, i tuoi e perfino mia suocera.
Al lavoro avevi inventato una buona scusa e così mi portasti al lago. La cravatta sobria battagliava con il vento di tramontana e tu splendevi nel mezzogiorno autunnale.
Dicesti che ero il tuo sogno, la tua unica meta. Che ero la tua stella polare.

Erano tre anni che ci davamo da fare. Di sguardi, di dialoghi impacciati, di sfioramenti audaci e basta, in ascensore, tra gli scaffali, quando ci spostavano di reparto e potevamo stare assieme. Durante le assemblee sindacali. In sala mensa e subito dopo, fuori, quando domandare del fuoco per quella frettolosa sigaretta era l’unica occasione per guardarci negli occhi.
Eri stato chiaro sin dall’inizio. E anch’io. Si scopava e basta. Ci si raccontava anche, ma poco. Le imprese migliori, certo, quelle più folli, i segreti inconfessabili, le cazzate assurde di gioventù. Le cose, sempre le stesse che si raccontano gli amanti per riempire il tempo tra un’erezione e l’altra. Per respirare dopo tutta quella gioia, alla fine di quel godimento perfetto che non è ancora abitudine.
Mi prendevi sempre nel modo giusto, sempre alla sprovvista passandomi le tue labbra sul collo, alitandoci sopra parole sconce, cercando di toccarmi tutta partendo dai fianchi, guardandomi poi ogni volta come se non avessi vista mai, come se non mi avresti più vista poi.
Ricordo lo sfinimento e il nostro sorriso appagato.
La doccia obbligatoria che non avrei voluto fare mai. Il saluto frettoloso davanti agli studi di Cinecittà, nascosti come due imbecilli dietro grandi occhiali da sole.

Ripenso al perché non ti ho mai più risposto.
Perché sei stato una bella avventura e tanto basta. Perché se un amante è un amante, non lo è per sempre né per troppo. Perché voglio infilarti nella cassetta dei bei ricordi, della leggerezza adolescenziale, delle cazzate che si fanno in primavera. Non ti ho più risposto (nemmeno ho provato a farlo), perché gli amanti sanno quando il loro tempo non tempo finisce. E l’incanto era lì, in quella pensioncina sul lago, nella passeggiata sul molo, impacciati nel descrivere la meraviglia di quell’istante, senza parole davanti al lago che conteneva cielo e terra assieme.
La nostra storia era tutta lì, la salita ripida e gli sguardi, l’emozione che cresceva ogni volta. Il tavolino sottile accanto alla finestra, dove appoggiavo sigarette e posacenere, dove fumavo, dopo, mentre tu ti rivestivi senza fretta, mentre io ti guardavo così bello e non parlavo.
Una seduzione durata anni consumata in un attimo, sta qui tutta la bellezza. Non nell’avvicendarsi di stagioni sempre uguali. Di parole sentite mille volte, di cadenze, di giochi, di nomignoli. In pochissimi appuntamenti da ricordare per sempre sta la poesia che voglio, cui ripensare negli attimi bui della mia esistenza, quando mi mancherà la forza di urlare contro la sordità del mondo.
Nessun addio, nessuna scusa banale.

Nessuna risposta.

nella foto: Woman Writing a Letter
Koikawa Harumachi II (1789 – 1804)
fonte: Museum of Fine Arts, Boston

2 commenti:

  1. Ad una bella avventura non si può mai dire addio, rimane nel cuore e nell'anima, ma soprattutto negli occhi. Sempre brava Bibolotti. un abbraccio. Lucky

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  2. le storie d'amore finiscono ma restano vive emozioni così ... il bello che c'è in un tempo senza tempo senza perdere il vizio di "vivere"...perchè non conta nulla quanto dura, non conta nulla che forma ha una nuvola...ora che ne sono immersa, è bellissima. Sempre un bel momento leggerti. Cri

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