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giovedì 15 maggio 2014

La scuola delle mogli

Mio marito è soltanto una marchetta.
Spero che questo fine settimana non gli salti in testa di fare sesso.
Quando mi scopa, preferisco dargli le spalle: a guardarlo in faccia mi prosciugo come il deserto del Sahara.
Figlia mia sposatelo soltanto se è “beddu, ruccu e che mangia piccu”.
Certo, sì, carino… ma suo padre che fa? E lui? Studia?
Chi non becca ha già beccato e che becchi pure fuori, così gli chiedo il divorzio e poi sono cazzi.

Queste storie si sentono, si dicono in privato e si condannano in pubblico.
Facendo salve tutte quelle che guardandosi dentro si sentono salve dall'aver fatto carriera grazie a “qualcuno” (direi tutte), senza stare ogni volta a puntualizzare “io no”, né condannare chi, invece, sì, cerchiamo di guardare al di là della nostra “selfie” per dirci una piccola e scomoda verità, ossia che Carrie Bradshaw non avrebbe mai armato un casino tale, in serie TV di non so quante puntate, per sposare un Mr Big se, anziché milionario, fosse stato soltanto il bel proprietario di un baracchino di pizza al taglio all’angolo delle “sesta”.
Non prendiamoci in giro. 
Siamo nel futuro e sento ancora parlare di reddito anziché d'amore. Come negli anni cinquanta.
Inutili i tavoli di discussione tra femministe liberiste e moraliste che da anni parlano tra loro escludendo quella che di fatto è la realtà. Sono anni che se ne parla. Che si discute se stare dalla parte di chi rivendica la libertà di fare del proprio corpo ciò che vuole o di chi pretende di nasconderlo sotto uno spesso strato di ipocrisia.
Intanto, mentre le nostre femministe discutevano, il romanzo che ha avuto più successo di acquisti racconta di una giovane e fragile ragazza sballottata da una casa editrice all’altra grazie a contratti da favola redatti da un Master che vuole sottometterla, e fotterla. Che poi lei riesca a sovvertire i ruoli e  lei stessa a dominarlo non è la chiave del successo della storia. Il successo sta nel desiderio di trovare, almeno su carta, un maschio dominante.
Lo dice il successo di certi "prodotti" editoriali". Le mode, le dichiarazioni sui social.

Pensavo che soltanto le madri del sud inculcassero nelle figlie l’idea che un uomo serve a procreare ma anche a campare. Magari mai in modo diretto, cercando anche di far passare l’idea che l’autonomia è un’arma micidiale, l’unica che noi donne possiamo imbracciare per difenderci. Ma il femminismo è stato azzerato del tutto e l’indignazione l’abbiamo messa sotto il tacco dodici che pubblicizziamo sulle foto dei nostri profili. 
Chi continua a credere di fermare il pensiero dilagante della marchetta da carriera mettendo su l’aria da signora intellettuale radical chic, potrà fare qualcosa solo per se stessa andando in TV per cavalcare l'onda liberal o vetero  femminista secondo i casi, le mode, l'ispirazione del momento, ma non farà niente per le altre, le migliaia di ragazze che non hanno strumenti per codificare la realtà e pensano che la svolta sia in TV.
Le tante sul pulpito che giustificano a parole, ma condannano nei fatti le loro sorelle, dovrebbero saperlo che le cose sono precipitate in modo tale che la mercificazione del corpo è prassi normale, che loro lo vogliano o no, figlia della filosofia del successo a ogni costo che vediamo reclamizzato ovunque.
Basta godersi qualche puntata di “The house of cards” per capirlo, dove il fascino dell’uomo di potere esercitato sulla rampante neo laureata, non trova opposizione neppure in Miss Underwood, algida e tutta di un pezzo, che alla notizia della liaison del marito, alza le spalle e si ritira nelle sue stanze.
Il “devi conoscere qualcuno”, sussurrato in ogni dove, non mi concede speranze né possibilità di scampo.
Siamo ancora “Indifferenti”, siamo Carla, costretta ad accettare la corte e i soldi di Merumeci, complice madre e fratello, per poter mantenere, o raggiungere, uno status socialmente accettabile. Che non ci siamo mossi da lì e continuiamo a stare in quegli schemi da ius primae noctis lo sappiamo bene, anche se fingiamo egregiamente di esserci evoluti.
Si legge dalle foto che postiamo: labbra tumide, piedi da odalisca, sguardo promettente.
Ma almeno evitiamo l’ipocrisia, non scandalizziamoci, non puntiamo il dito contro chi sceglie la strada più breve, la stessa scelta da chi le condanna.
Oggi il valore di ognuno si misura con il metro della popolarità, non della capacità, e di questo la politica è un esempio lampante e questa è la causa della superficialità di cui si macchia ogni giorno il genere umano. Presenzialismo, esibizionismo e bellezza come unico lasciapassare nel mondo del lavoro.
Perché i posti di potere sono per la maggior parte ancora nelle mani degli uomini, perché le poche donne che stanno al comando e non per merito di un uomo, sono le prime a disprezzare le proprie sorelle, soprattutto se più giovani o più belle di loro.
Sì, va bene, certo, ci sono le eccezioni. Ma le eccezioni, si sa, confermano una regola.


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