Una pallosa elucubrazione non consigliabile a maschietti gratuitamente polemici!
Il vecchio adagio “tra moglie e marito...” che serviva alle famiglie come scusa per voltarsi dall’altra parte di fronte alla violenza domestica di un congiunto, significa anche che le dinamiche interne di una coppia non sono mai comprensibili dall’esterno.
Sta di fatto che questa campagna di sensibilizzazione contro la violenza sulle donne (http://www.jacopofo.com/?q=node/3170) o per lo meno il Post in questione, uscito nel 2007 e oggi riproposto su molte pagine di #FB (qui di fianco), è a mio avviso fraintendibile, se non del tutto sbagliato. L’immagine è servita per raccogliere storie di violenza domestica, e va da sé che è stata concepita in perfetta buona fede, ma ciò non toglie che cambia di molto, e in peggio, il punto di vista sulla violenza domestica.
“Smettila di farti picchiare da tuo marito!” ha per me solo un senso: siamo cornute e mazziate.
Il mio Zanichelli alla voce “smettere” recita così: interrompere momentaneamente o definitivamente ciò che si stava facendo. Se le parole hanno un senso, questa ce l’ha pesantissimo, soprattutto in una società maschilista come la nostra.
Non tutti gli uomini sono violenti, ci mancherebbe altro, e già doverlo puntualizzare ogni volta e a ogni benedetto “tweet” mi da la misura del corporativismo maschile e di quanto poco, il genere in questione ci aiuterà a risolvere questo problema. Affermare poi, come mi è successo di leggere stamattina sulla TL, e sempre in merito al post, che esistono donne che vanno alla ricerca di uomini violenti, non solo non giustifica né risolve questa carneficina casalinga, ma fa della donna la solita “provocatrice” responsabile di tutti i mali del mondo. Come se poi, ed è veramente allucinante, il maschio provocato mancasse del lume della ragione tanto da non poter fare a meno di rispondere a una presunta richiesta di botte, che andrebbe, al limite, compresa e curata da un buon analista.
Continuare a ripetere che le donne non denunciano, significa addossare loro la colpa della violenza subita che, spesso e volentieri, si accompagna di buon grado a quella psicologica (tu non vali un cazzo!) e dal ricatto sul possibile affidamento futuro dei figli (come pensi di farli vivere!).
Smettila di farti picchiare!, significa: hai iniziato TU, adesso smettila! È un po’ come l’annosa faccenda della minigonna, che se te la sei messa meriti di farti violentare. Un punto di vista schifosamente maschilista, e basta. Chi compie l’azione del picchiare è l’uomo, e spero che almeno su questo non ci siano dubbi (spero), è lui “attivo” ed è lui che deve smetterla, la donna, al limite, può NON consentirgli di farlo, il che, dal punto di vista del significato cambia parecchio.
Conosco così bene il problema (non è un vanto), da potermi permettere di esprimere un’opinione in merito, come ho fatto in Justine 2.0, dove racconto il meccanismo grazie al quale si può uscire dal gorgo della disistima di sé. Ma le dinamiche della violenza domestica non hanno niente a che vedere con il sadomasochismo che, come ho più volte sottolineato in altri post, è SSC, ossia sicuro, sano e consensuale. La violenza domestica non passa per la razionalità e non ha nulla a che spartire con il piacere sessuale che deriva da una relazione s/m. Certo, il giorno dopo le botte, il maschio pentito potrà anche tornare a casa con un regalo prezioso o un mazzo di fiori, per domandare scusa e dichiarare che non lo farà mai più il carnefice potrebbe anche cadere in ginocchio (se tutto va bene), ma la dinamica non è mai consensuale o se lo è, non ha nessuna “safe word” che metta un freno al dolore. La violenza domestica crea sensi di colpa da ambedue le parti e, se la donna prova per il marito picchiatore pena e compassione, non conoscerà mai il piacere della dominazione che richiede la piena capacità di dominio su se stessi.
Le donne non denunciano per mille motivi che comunque, vista l’urgenza del problema, non possiamo analizzare. Inoltre, le vittime non hanno sempre gli strumenti culturali per capire che ciò che subiscono è sbagliato, né famiglie comprensive cui ricorrere per avere protezione.
E poi, parliamoci chiaro, cosa pensiamo accada dopo una denuncia?
Un bel niente.
I meccanismi legislativi prevedono l’assistenza psicologica, forse, magari l’allontanamento forzato dal tetto coniugale del partner violento, ma per arrivarci non voglio nemmeno immaginare il calvario attraverso cui alcune devono passare. E se la donna non ha reddito? Chi le garantirà assistenza, un tetto sulla testa e un posto di lavoro per potersi sostenere? Un governo zoppo che non sa nemmeno come pagare i propri debiti?
Ho la sensazione che continuando a parlarne in questi termini non si andrà da nessuna parte. Senza avere alternative possibili alla gabbia coniugale nessuna donna si permetterà di denunciare, visto il rischio di buscarle il doppio. Inoltre, mettendo sulla vittima anche il macigno del senso di colpa che la propria mancata reazione alla violenza avrà sui figli, non faremo che fornire nuovi alibi ai violenti. È per ciò che un Post come questo è così ambiguo, da non essere ammissibile.
Smettiamola di rendere la donna sempre e comunque attiva e sempre e comunque colpevole.
Non devo smettere io di farmi picchiare, è lui che non deve farlo! E se sei un uomo, e sai che il tuo amico picchia sua moglie, evita di giustificarlo e corri a denunciarlo!
Il vecchio adagio “tra moglie e marito...” che serviva alle famiglie come scusa per voltarsi dall’altra parte di fronte alla violenza domestica di un congiunto, significa anche che le dinamiche interne di una coppia non sono mai comprensibili dall’esterno.
Sta di fatto che questa campagna di sensibilizzazione contro la violenza sulle donne (http://www.jacopofo.com/?q=node/3170) o per lo meno il Post in questione, uscito nel 2007 e oggi riproposto su molte pagine di #FB (qui di fianco), è a mio avviso fraintendibile, se non del tutto sbagliato. L’immagine è servita per raccogliere storie di violenza domestica, e va da sé che è stata concepita in perfetta buona fede, ma ciò non toglie che cambia di molto, e in peggio, il punto di vista sulla violenza domestica.
“Smettila di farti picchiare da tuo marito!” ha per me solo un senso: siamo cornute e mazziate.
Il mio Zanichelli alla voce “smettere” recita così: interrompere momentaneamente o definitivamente ciò che si stava facendo. Se le parole hanno un senso, questa ce l’ha pesantissimo, soprattutto in una società maschilista come la nostra.
Non tutti gli uomini sono violenti, ci mancherebbe altro, e già doverlo puntualizzare ogni volta e a ogni benedetto “tweet” mi da la misura del corporativismo maschile e di quanto poco, il genere in questione ci aiuterà a risolvere questo problema. Affermare poi, come mi è successo di leggere stamattina sulla TL, e sempre in merito al post, che esistono donne che vanno alla ricerca di uomini violenti, non solo non giustifica né risolve questa carneficina casalinga, ma fa della donna la solita “provocatrice” responsabile di tutti i mali del mondo. Come se poi, ed è veramente allucinante, il maschio provocato mancasse del lume della ragione tanto da non poter fare a meno di rispondere a una presunta richiesta di botte, che andrebbe, al limite, compresa e curata da un buon analista.
Continuare a ripetere che le donne non denunciano, significa addossare loro la colpa della violenza subita che, spesso e volentieri, si accompagna di buon grado a quella psicologica (tu non vali un cazzo!) e dal ricatto sul possibile affidamento futuro dei figli (come pensi di farli vivere!).
Smettila di farti picchiare!, significa: hai iniziato TU, adesso smettila! È un po’ come l’annosa faccenda della minigonna, che se te la sei messa meriti di farti violentare. Un punto di vista schifosamente maschilista, e basta. Chi compie l’azione del picchiare è l’uomo, e spero che almeno su questo non ci siano dubbi (spero), è lui “attivo” ed è lui che deve smetterla, la donna, al limite, può NON consentirgli di farlo, il che, dal punto di vista del significato cambia parecchio.
Conosco così bene il problema (non è un vanto), da potermi permettere di esprimere un’opinione in merito, come ho fatto in Justine 2.0, dove racconto il meccanismo grazie al quale si può uscire dal gorgo della disistima di sé. Ma le dinamiche della violenza domestica non hanno niente a che vedere con il sadomasochismo che, come ho più volte sottolineato in altri post, è SSC, ossia sicuro, sano e consensuale. La violenza domestica non passa per la razionalità e non ha nulla a che spartire con il piacere sessuale che deriva da una relazione s/m. Certo, il giorno dopo le botte, il maschio pentito potrà anche tornare a casa con un regalo prezioso o un mazzo di fiori, per domandare scusa e dichiarare che non lo farà mai più il carnefice potrebbe anche cadere in ginocchio (se tutto va bene), ma la dinamica non è mai consensuale o se lo è, non ha nessuna “safe word” che metta un freno al dolore. La violenza domestica crea sensi di colpa da ambedue le parti e, se la donna prova per il marito picchiatore pena e compassione, non conoscerà mai il piacere della dominazione che richiede la piena capacità di dominio su se stessi.
Le donne non denunciano per mille motivi che comunque, vista l’urgenza del problema, non possiamo analizzare. Inoltre, le vittime non hanno sempre gli strumenti culturali per capire che ciò che subiscono è sbagliato, né famiglie comprensive cui ricorrere per avere protezione.
E poi, parliamoci chiaro, cosa pensiamo accada dopo una denuncia?
Un bel niente.
I meccanismi legislativi prevedono l’assistenza psicologica, forse, magari l’allontanamento forzato dal tetto coniugale del partner violento, ma per arrivarci non voglio nemmeno immaginare il calvario attraverso cui alcune devono passare. E se la donna non ha reddito? Chi le garantirà assistenza, un tetto sulla testa e un posto di lavoro per potersi sostenere? Un governo zoppo che non sa nemmeno come pagare i propri debiti?
Ho la sensazione che continuando a parlarne in questi termini non si andrà da nessuna parte. Senza avere alternative possibili alla gabbia coniugale nessuna donna si permetterà di denunciare, visto il rischio di buscarle il doppio. Inoltre, mettendo sulla vittima anche il macigno del senso di colpa che la propria mancata reazione alla violenza avrà sui figli, non faremo che fornire nuovi alibi ai violenti. È per ciò che un Post come questo è così ambiguo, da non essere ammissibile.
Smettiamola di rendere la donna sempre e comunque attiva e sempre e comunque colpevole.
Non devo smettere io di farmi picchiare, è lui che non deve farlo! E se sei un uomo, e sai che il tuo amico picchia sua moglie, evita di giustificarlo e corri a denunciarlo!
Ho sentito pluri fedifraghe dire, alcune se le cercano poi piangono, altri pluri fedifraghi dire, eppoi sotto sotto a loro piace...
RispondiEliminaLe donne sono tutte puttane...
L'uomo è cacciatore...
i gay sono ammalati...
Ecc ecc, potrei stare qua due giorni a scrivere luoghi (idioti) comuni, anche il termine "femminicidio" mi fa incazzare, primo perché non esiste, poi per come viene comunque usato, al di la della valenza sessuale del termine, una donna morta è innanzi tutto una donna morta, poi andiamo a cercare come e perché sia stata uccisa, ma lasciamo da parte i toni semitrionfalistici che i giornalettai devono per forza evidenziare per vendere una copia in più...
La violenza domestica è, secondo me, la forma più aberrante di violenza psicofisica, e penso sia così proprio perché avviene nella riservata calma delle mura domestiche...
Nascosti dietro tende e persiane gli ignoranti possono sfogare la loro becera pochezza picchiando e vessando...
Per me che venero la bellezza (mica solo fisica) della donna, io che mi tengo addosso i vestiti solo per non incappare nelle beghe legislative, sempre io che non mi spavento di fronte a due belle gambe anche se non depilate, io con tutte la mie ansie prestazionali e la mai sopita necessità di corteggiare per sedurre con la mente e non col corpo, dico:
Se picchi una donna sei una merda, e da merda che sei, per me non meriti niente, ne giudice ne giudizio, ne attenuanti ne perizie, tu devi scomparire dalla faccia della terra, tu non hai nessun diritto di vivere, punto e basta.
Abbattiamo l'indolente muro d'omertà, le violenze vanno segnalate e denunciate, se ti giri dall'altra parte per non vedere, sei colpevole come l'aggressore.
L'uomo e la donna nascono pari, sia volendo dare ragione alla bibbia, sia agli evoluzionisti, noi siamo nati nudi e questa nudità non era un tabù, i primi vestiti che abbiamo indossato si chiamavano vergogna e preconcetto...
Torniamo a spogliarci, torniamo a vivere nella nuda, paritaria sincerità.
Un abbraccio.