No, non è un brano tratto da un Romanzo epistolare di de
Laclos, nel quale la marchesa declina l’invito del principe, è una riflessione
sul fatto che, per compiacere il prossimo, si rischia di perdere se stessi,
anche quel poco che riusciamo a far trapelare attraverso i pixel.
Una precisazione indispensabile, prima di raccontarvi una
storiella divertente, è il significato di “deriva” che alcuni tutteri, anziché
spezzarsi il ditino sulla tastiera, si ostinano a domandarmi in DM o per e
mail.
Questo è quanto riportato dal vocabolario “Treccani” e che,
associato all’idea baumaniana di Società liquida (del quale i miei detrattori
hanno letto l’opera omnia), mi pare calzi a pennello: Trascinamento, da parte di una massa fluida in movimento, di un corpo
galleggiante o immerso in essa, rispetto a una superficie fissa.
Andare
alla “deriva” significa non opporre alcuna resistenza e lasciarsi andare al
flusso della MASSA LIQUIDA.
Spesso,
nei miei “tuit” parlo di cavalcare l’onda del “luogo comune”, lo “Tsunami” degli
hashtag più cretini – o più alla moda- l’onda anomala dell’opinione politica,
anche quando della politica, fino all’iscrizione su Twitter non ci è mai
fregato un granché.
E tutto
per ottenere Retweet.
Questa
per me è #derivaditwitter. Così come l’insulto gratuito, il follou back e
l’interazione obbligatori, e la comunicazione, da parte degli utenti di
notiziole ininfluenti nella vita dei propri follouer.
Adesso
poi, che le foto sono visibili sulla nostra TL e nonostante noi, e che ci
vengono segnalati i RT che un nostro Retweet riceve, avremo ancor meno
condivisioni, e una quantità imbarazzante di immagini brutte: parenti sfuocati a
tavola, autoscatti di culi, gattini mossi, piatti da gourmet “de naoantri”
eccetera.
Avrei
chiuso con le deriveditwitter, non fosse che la faccenda assume di giorno in
giorno un carattere tra il comico e il patologico.
È come
se #Twitter fosse un palcoscenico e noi tuitteri attori di una grande compagnia
di giro. Non so se avete mai lavorato in un gruppo di attori professionisti, ma
l’atmosfera è più o meno questa: pettegolezzi in camerino (DM), sgambetti per
le scale (cattiverie senza menzioni), finti baci, maldicenze “taroccate”
riferite al regista (tuitstar)
perché un certo attore venga sostituito, liti messe su ad arte (ossia con un
accordo tra i litiganti) e invidia marcia per chiunque ottenga più consensi.
È
inutile che continuiate a sostenere che del numero di follouer poco v’importa,
si sa, la maggior parte delle volte si tratta della volpe che non arriva
all’uva! Ogni tre tuit c’è una lamentela per il defollou ricevuto. È sulla TL,
è sotto gli occhi di tutti! Ed è anche una gran noia, poiché Twitter funziona così.
Twitter
è il Social media dell’impermanenza per eccellenza: una volta va bene un’altra
volta no. Rassegnatevi. Il defollou avviene anche se ricevete troppi RT. È
scienza, è osservazione del Media, non solo supposizioni.
Infatti,
il retweet langue e la gioia della condivisione rimane soltanto in chi è
generoso per natura, e non ha paura di mostrare ai propri amici, e quindi di
presentare allaTL, un tuittero dalla digitazione rapida e originale.
Pazienza.
È ovvio che alla fine delle repliche lo spettacolo abbia preso strade diverse
da quelle che il regista aveva in mente al debutto, che gli attori scaccolano
(ossia tirano l’applauso o la risata) e che le battute sono ormai telefonate
(dette in automatico e senza un’intenzione reale).
Così
anche Twitter si sta “scagando”, anche se il pubblico non se n’è accorto e
applaude felice a frasi fatte e di bassissimo livello e a post che sono già
vecchi anche su #FB.
È
normale che quando un taglio d’abito di marca arriva sulle bancarelle di via
Appia, possiamo dire addio al nostro abitino pagato una vagonata di euro e che
ora non vale più niente.
Ieri ho
defollouato quaranta follouing consapevole del defollou back: se tu non piaci a
me è possibile che io non piaccia a te. Punto. E se mi hai seguito solo per
ottenere a tua volta un follouer in più, allora riguarda la finalità del gioco
e stai fermo sulla casella senza passare dal “via”.
All’inizio
della #deriva ho scritto che avrei raccontato della storiella da ridere, anche se è veramente troppo
umiliante, credo, rievocare questo episodio, esilarante per quanto incredibile, una roba che non succederebbe mai nel mondo analogico e che, più che tra le
derive di twitter, credo di poterlo annoverare tra le derive dell’esistenza.
Sarebbe come dare importanza al “nulla” dirvi che una, una
tizia di cui nemmeno ricordo il nickname, ha tuittato, con libera interpretazione, il
sottotitolo del mio Romanzo.
Niente di grave, anzi è pubblicità.
Non fosse
che al suo “il cuore è SOLO un muscolo” (che già ha un ritmo assai diverso dall'originale), una
mia follouer e lettrice le ha candidamente domandato se si riferisse al mio
romanzo ed è stato alla sua risposta, letta e riletta appena sveglia con la
tazza di caffè bollente in mano, che mi sono dovuta alzare e sciacquare il viso
un paio di volte: Ho cercato di interloquire con l’autrice ma senza
risultato... magari lo trovo un’altro libro meritevole e alla sua altezza.
Pensate
mi riferisca all’elisione al maschile? Va beh capita, è un refuso.
Alla
sintassi? Sorvoliamo.
Pensate
che mi accanisca?
Se usare
i social media per promuovere BLOG e Romanzi è ormai prassi consolidata, promuovere la classe, evidentemente, no.
La mia
visione della vita è che sono sotto il cielo e potrei morire anche domani: il
tempo è prezioso e lo uso per questioni più importanti. Per conquistare un solo
lettore consapevole, per esempio, piuttosto che forzarne dieci a comprare il
mio romanzo con il ricatto del follow back.
Sopravvivo
correggendo bozze per una mini casa editrice, la scrittura fa parte integrante
della mia esistenza ed è un’abitudine quotidiana, ma considero la pubblicazione
un MEZZO e non un fine. E vi garantisco che la differenza è oceanica.
Cara
tuittera, ci saranno non una ma mille scrittrici migliori di me, ma come scrive
Saramago “Tutto può essere raccontato in un altro modo”, anche questa #deriva e
il mio romanzo che non hai comprato e comunque non avresti letto. O non avresti
finito di leggere.
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