Non ho mai cavalcato l’onda del lutto, ma questo di Franca Rame è un colpo molto duro. Quest’anno poi abbiamo perso tanti attori importanti, cantanti, critici, attrici soprattutto, donne dalla personalità imponente che ho visto tante volte sul palcoscenico e conosciuto nei camerini o alle feste. Maestri che ammiravo sin da bambina e grazie ai quali ho fatto scelte, scartato opportunità e preso strade sempre troppo impervie, ma assai più misteriose e affascinanti. Abbiamo perso voci, storie, esperienze che alcuni porteranno nel cuore, ma tanti altri no. Ed è un vero peccato.
Così, erano alcuni giorni che mi girava nella testa il nome di Franca Rame e del suo monologo “Lo Stupro” che ho riguardato proprio ieri, alla ricerca di spunti e idee, cercando di capire se la nostra condizione fosse nel frattempo cambiata oppure no, se la colpa è anche e ancora nostra, o soltanto della nostra supposta fragilità. Forse, come diceva lei, la colpa è della nostra forza perché, per usare le sue stesse parole, “la donna saccente rompe un po’ i coglions, meglio la cretinotta con la risata erotica...”.
I suoi monologhi non risparmiavano nessuno, nemmeno i “compagni” di allora pieni di complessi, di paure e di sensi d’inferiorità, comunque sempre un passo indietro, comunque e sempre da prendere per mano.
Sarà perché andavo a teatro ogni settimana con i miei e che poi il teatro l’ho fatto, ma io so chi è stata Franca Rame. Era una donna bellissima, tanto che lo stesso Fo ha raccontato molte volte la propria meraviglia nel ritrovarsela accanto.
Alta, un fiume di capelli rossi, gambe lunghe, seno giunonico, voce profonda e graffiante dal forte accento milanese, ha iniziato a calpestare le tavole del palcoscenico da bambina nella compagnia dei suoi genitori. Figlia d’arte nel vero senso della parola, la sua famiglia viveva di teatro dal 1.600, ha lavorato nell’avanspettacolo per poi immergersi nelle avanguardie e nel teatro politico e femminista.
Ed è proprio come femminista che ha pagato per tutte noi subendo, da un gruppo di fascisti e proprio a causa delle sue lotte e delle sue parole, uno stupro collettivo arrivato a sentenza ben venticinque anni dopo e dichiaro quindi prescritto.
Da Donna, compagna e femminista, Franca (un nome che le calza a pennello) tirò fuori da quell’episodio devastante un monologo che è rimasto nella mente di tutti noi e che oggi più che mai, a causa della recrudescenza di delitti e violenze sulle donne, ridiventa di urgente attualità.
La Rame aveva da dire tantissimo, e uno degli esempi di miracolosa onestà, è la lettera aperta che scrisse dando le proprie dimissioni da Senatrice dopo aver presentato diversi disegni di legge finiti nel dimenticatoio, come quelli per la regolamentazione dei collaborati dei Ministri – tutti pagati in nero- o dei militari impegnati in Iraq, Afghanistan e Balcani, deceduti a causa dell’esplosione di bombe all’uranio impoverito e di cui ancora oggi non si conoscono ancora le cifre, né si sapranno mai.
Di seguito un paio di brani per me esemplari del suo carattere combattivo, caldo, appunto, franco.
“A volte mi capita di pensare che una vena di follia serpeggi in quest’ambiente ovattato e impregnato di potere, di scontri e trame di dominio.
L'agenda dei leader politici è dettata dalla sete spasmodica di visibilità, conquistata gareggiando in polemiche esasperate e strumentali, risse furibonde, sia in Parlamento che in televisione e su i media. E spesso lo spettacolo a cui si assiste non “onora” gli “Onorevoli”.
In Senato, che ho soprannominato “il frigorifero dei sentimenti” non ho trovato senso d’amicizia. Si parla... sì, è vero... ma in superficie. Se non sei all’interno di un partito è assai difficile guadagnarsi la “confidenza”. A volte ho la sensazione che nessuno sappia niente di nessuno... O meglio, diciamo che io so pochissimo di tutti”.
“Non intendo abbandonare la politica, voglio tornare a farla per dire ciò che penso, senza ingessature e vincoli, senza dovermi preoccupare di maggioranze, governo e alchimie di potere in cui non mi riconosco.
Non ho mai pensato al mio contributo come fondamentale, pure ritengo che stare in Parlamento debba corrispondere non solo a un onore e a un privilegio ma soprattutto a un dovere di servizio, in base al quale ha senso esserci, se si contribuisce davvero a legiferare, a incidere e trasformare in meglio la realtà. Ciò, nel mio caso, non è successo, e non per mia volontà, né credo per mia insufficienza”.
E chissà se è un caso il suo andarsene proprio all'indomani dell'importante approvazione della Convenzione di Istanbul contro la violenza sulle donne.
Mi mancherà molto Franca Rame. Credo che mancherà a tutti. Mancherà molto anche il suo sorriso e l'ottimismo, che serpeggiava tra una frase sarcastica e l'altra. E se non sapete chi è, vi prego, in nome della sua personalità e delle sue lotte per l’autonomia femminile, non ricordatela soltanto come la moglie di Dario Fo. Anche perché forse, è stato Fo il fortunato marito di Franca Rame.
Bellissimo post. È stata amata e odiata, perché non era donna da mezze misure e da posizioni concilianti. Non so se è stato più Dario Fo il fortunato "marito di" piuttosto che il contrario, sono certo che senza di lei non ci sarebbe stato un Dario Fo dal teatro così politico, lei era il propulsore, la tensione continua verso l'impegno
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