-->
«Ma lo sai che quel verme si è fatto risentire?».
«Quale?» domando io con aria incerta e grave, visto che ormai ci capisco sempre meno in tutto questo vai e vieni di ex, ex ex, new, old e very old, categorie e sottocategorie con le quali Terry ha catalogato gli uomini, quelli disponibili, possibili e passabili.
La guardo nel grembiule tutto farfalle e margherite mentre, concentrata, prepara una super crostata di visciole.
E, infatti, la maltratta, la pasta, la sculaccia ben bene mentre, colpita da raggi di sole, brilla di rosso rame.
«Eh già...» mi fa, e assesta un altro colpo capace sulla massa bianca che ha fra le mani, «quel verme verdastro di Giulio, il giornalista che parlava politichese anche a letto, quello che mi avrebbe trovato un lavoro e soprattutto mi avrebbe presentata agli amici e alla famiglia».
«Come no...si è fatto risentire?»
«Già...» e l’amarezza la sfoga di nuovo sull’ammasso di farina.
Ora ricordo bene il tizio in questione. «Ma non è per caso quello che inventava ogni volta una scusa per raggiungerti nel letto e nelle ore più improbabili?».
Silenzio.
E Terry non alza nemmeno lo sguardo.
«Ma scusa? Non è quello che disse un giorno di avere suo padre in ospedale e il giorno dopo che la sua anaffettività dipendeva dall’averlo perso quand’era bambino?».
Ora non può esimersi dal confessare.
«Sì».
«Il tizio che diceva di avere l’attico in centro ma chissà perché aveva sempre sua madre ospite in casa?».
«Già!».
«Lo stesso che due anni fa ti propose quindici giorni a Cortina e poi ti mollò il giorno prima di ferragosto, da sola, a Roma, con la scusa assurda della scarlattina?».
«huuummm...».
Il ricordo di quella giornata infernale fa sì che Terry non si accontenti più di maltrattare la pasta, infatti, armata di mattarello, caccia i piccioni dal terrazzino della cucina, urlando a più non posso qualcosa nel suo incomprensibile dialetto. Chiama anche Brad a rinforzo, il piccolo cane senza razza né origine e, poi, ricomincia a impastare.
«Beh...sempre meglio di quello che inventò la scusa della ex fidanzata suicida lanciatasi dal sesto piano e per di più incinta di lui...» e cerco di stemperare l’aria da melodramma che già si è fatta più presente sul suo viso.
«Ma tu lo sai quante notti me lo sono ritrovato sotto casa ad elemosinare un po’ d’affetto?».
«Affetto...» e avrei voglia di urlare ma mi trattengo «Ma Terry...» e ancora mi comprimo e solo perché non ce la faccio a trattarla male «ma come fai a parlare ancora di affetto?» e la frase viene fuori abbastanza gentile.
È così ingenua la mia rossa amica che proprio non capisco come riesca nonostante tutto a correre a braccia aperte verso il primo che si dichiara innamorato.
Teresa è così, sempre affannata ad aiutare qualcuno, sempre in ansia per i malesseri altrui, quelli reali e quelli supposti, quelli inventati a bella posta dal maschio adulto che le tende la trappola.
Che sia un manager sull’orlo del fallimento, un marocchino con permesso di soggiorno in scadenza, un settantenne in preda alla solitudine, un venditore ambulante senegalese con tre figli a carico, un bancario sposato a una donna isterica, un negoziante alle prese con il fisco o che so io, Teresa è lì, pronta a tendergli la mano.
D’altra parte è una vita intera che Terry vaga per la città in cerca di qualcuno che la renda partecipe dei suoi problemi e che le chieda anche di risolverli.
«Insomma, alla fine mi ha chiamata!».
E mi mette sotto il naso il portatile «Leggi! Leggi le sue email assassine!»
E leggo.
Ogni riga che scorro mi sorprende, ogni parola, scelta con cura, non lascia spazio a dubbi ma solo a supposizioni ambigue, come quel vago sapore di presa per il culo che frasi come –solo tu mi conosci bene- o –insieme a te sento di non avere bisogno di nulla- mi fanno venire la pelle d’oca e non so se ridere o prenderla a schiaffi.
«Insomma di cosa ha bisogno?» dico io per tagliar corto.
Sorride e guarda fuori verso il cielo oggi stranamente terso, e mi pare di vedere albeggiare nel suo sguardo una luce di nuova speranza, un bagliore che ben conosco.
So anch’io cosa capita alla quarantenne single e con contratto di collaborazione, quando tornata a casa trova tutto in ordine, nessun calzino nel corridoio e nemmeno un piatto da lavare, quello strano senso di libertà e di voglia di uscire, quando l’aria si fa frizzante e vorrebbe proprio qualcuno che le offra il braccio, un buon bicchiere bianco a Piazza Farnese, e un paio di parole soprattutto sincere.
So quello che ronza nella mente della piccola e morbida Teresa mentre mi allunga un cucchiaio di marmellata tiepida e mi sorride con amore.
«E metti che fosse cambiato?»
ahiahiahiai!
RispondiEliminaHai colto nel segno,
leggerissima Teresa porti il peso psicologico, emotivo e comportamentale di tante di noi. Funché il masochismo sarà donna, hai voglia tu a sculacciare la pasta della crostata e minacciare col mattarello il piccione.
ah..ah...ah... stupenda Piera!!!
RispondiEliminaE' proprio nel dna delle donne non capire o far finta di non capire per rubare attimi di felicità anche se non sinceri! Facciamo volare i piccioni forse è meglio!
RispondiEliminaallora ce l'hai fatta? meno male. sì meglio rincorrere piccioni col mattarello. abbracci.
RispondiElimina