Avvertenze e modalità d'uso: Questa è una di tante derive. la numero 18. Il presente pezzo si riferisce esclusivamente a quei tuit in seconda persona plurale che esprimono sprezzo nei confronti di tutta la Gente. NON parlo di UMILTA' in generale.
Diciamolo pure che ogni volta che qualcuno di noi si mette a distanza e punta l’indice sulla massa confusa de “la gente”, sale sul famoso piedistallo ergendosi a giudice indiscusso del resto del mondo. Sempre sotto falso nome, è ovvio, sempre e soltanto coperto da anonimato e vigliaccamente nascosto dietro una bio impeccabile.
La gente, che lo si voglia o no, siamo sempre noi, anche tu, sì, proprio tu che stamattina ti sei svegliato filosofo e indichi gli altri, tutti, me compresa, come se ti trovassi al di sopra di ogni giudizio.
La gente fa, la gente dice, la gente crede di essere il centro del mondo e via dicendo è uno dei loop più fastidiosi di tuitter alla #deriva. E ne ho letti a centinaia di tuit, sempre uguali e sempre rituittati a iosa da chi si droga di luoghi comuni, e solo per sentirsi appagato nella propria esistenza finita e piena di certezze, le solite tre: sesso, successo e soldi.
Come fosse un’entità astratta composta da un’ics numero di stupidotti, tutti, scienziati e matematici, scrittori e poeti, creativi veri e fasulli, veniamo infilati dal tuittatore di turno in una bolla dantesca di egocentrici, profili del tutto privi, sempre a suo modesto avviso, di curriculum, di vissuto e d’idee.
Ma è l’uso della seconda persona plurale che è sbagliato, perché se anche tu, tuittatore di banalità, chinassi il capo e t’infilassi nella schiera dei comuni mortali e nell’asfittico mondo omologato dei più, allora saresti credibile, forse, e daresti meno nell’occhio con il tuo ditino inquisitore. Perché come ho scritto ieri in un tuit: le radici di una buona sintassi sono piantate nel pensiero. E il tuo pensiero, in questo caso, non è corretto né ha radici.
Quando “la gente la finirà” suona assai diverso da “quando la finiremo”.
O no?
È così complicato fare un bagnetto di umiltà? Così difficile far posare il suo pensiero superficiale per cinque benedetti secondi sui 140 caratteri che ha deciso –perché si sente un genio- di digitare? Trova così esacerbante, il molesto giudicatore, l’immodesto poeta della domenica, porsi la domanda del perché lui dovrebbe mettersi al di fuori di questo magma di corpi e menti che secondo lui non hanno più nome, esperienza e né un vissuto qualunque? Cosa gli dà la spinta a saltare il cerchio di fuoco che ci unisce sotto il nome di umanità, dolente, pigra, disperata, malata, disoccupata e triste.
Cosa gli fa credere di avere lui, o lei, il diritto di mirare e sparare forte il sentenzone che verrà rituittato da altrettanti entusiasti d’imbecillità?
Ma stavolta la #deriva non la scrivo solo io.
Perché il tuittatore s’inginocchi sui ceci e si penta sul serio, e perché la prossima volta eviti di dire sciocchezze, di offendere e di tirarsi fuori dalla meraviglia che compone la nostra umanità fatta di gente comune, di gente straordinaria e di gente sciocca, sarà un grande letterato a dirgliene quattro. Magari, usciti dalla mente di un grande scrittore e intellettuale -per non dire Premio Nobel, vendutissimo, famosissimo eccetera- certi insegnamenti gli saranno più utili delle mie giocose #derive.
Scrive Saramago a pagina 219 de “Lucernario”. “La normalità della gente”, pensava, “che espressione stupida! Che ne so, io, di cos’è la normalità della gente! Guardo migliaia di persone durante il giorno, ne vedo, con occhi capaci di vedere, decine. Vedo persone serie, scherzose, lente, affrettate, brutte o belle, banali o attraenti, e le definisco la normalità della gente. Cosa penserà di me ciascuna di loro? Anch’io cammino lento o in fretta, serio o scherzoso. Per alcuni sarò brutto, per altri sarò bello, o banale, o attraente. In fin dei conti, anch’io rientro nella normalità della gente. Anch’io avrò, per alcuni, il pensiero addormentato. Tutti assumiamo quotidianamente la nostra dose di morfina che addormenta il pensiero. Le abitudini, i visi, le parole ripetute, i gesti triti, gli amici monotoni, i nemici senza un vero e proprio odio, tutto addormenta. Una vita piena!... C’è qualcuno che possa dire di vivere una vita piena? Tutti ci trasportiamo al collo il giogo della monotonia, tutti aspettiamo, lo sa il diavolo che cosa! Sì, tutti aspettiamo! Alcuni in maniera più confusa di altri, ma tutti nella stessa attesa... La normalità della gente!... Detto così con questo tono sdegnoso di superiorità, è idiota. Morfina dell’abitudine, morfina della monotonia... ”.
Che sei un idiota, a questo punto non lo dico solo io.
Allora ricorda: per un uso proprio della tua intelligenza leggi prima le avvertenze e le modalità d’uso.
Diciamolo pure che ogni volta che qualcuno di noi si mette a distanza e punta l’indice sulla massa confusa de “la gente”, sale sul famoso piedistallo ergendosi a giudice indiscusso del resto del mondo. Sempre sotto falso nome, è ovvio, sempre e soltanto coperto da anonimato e vigliaccamente nascosto dietro una bio impeccabile.
La gente, che lo si voglia o no, siamo sempre noi, anche tu, sì, proprio tu che stamattina ti sei svegliato filosofo e indichi gli altri, tutti, me compresa, come se ti trovassi al di sopra di ogni giudizio.
La gente fa, la gente dice, la gente crede di essere il centro del mondo e via dicendo è uno dei loop più fastidiosi di tuitter alla #deriva. E ne ho letti a centinaia di tuit, sempre uguali e sempre rituittati a iosa da chi si droga di luoghi comuni, e solo per sentirsi appagato nella propria esistenza finita e piena di certezze, le solite tre: sesso, successo e soldi.
Come fosse un’entità astratta composta da un’ics numero di stupidotti, tutti, scienziati e matematici, scrittori e poeti, creativi veri e fasulli, veniamo infilati dal tuittatore di turno in una bolla dantesca di egocentrici, profili del tutto privi, sempre a suo modesto avviso, di curriculum, di vissuto e d’idee.
Ma è l’uso della seconda persona plurale che è sbagliato, perché se anche tu, tuittatore di banalità, chinassi il capo e t’infilassi nella schiera dei comuni mortali e nell’asfittico mondo omologato dei più, allora saresti credibile, forse, e daresti meno nell’occhio con il tuo ditino inquisitore. Perché come ho scritto ieri in un tuit: le radici di una buona sintassi sono piantate nel pensiero. E il tuo pensiero, in questo caso, non è corretto né ha radici.
Quando “la gente la finirà” suona assai diverso da “quando la finiremo”.
O no?
È così complicato fare un bagnetto di umiltà? Così difficile far posare il suo pensiero superficiale per cinque benedetti secondi sui 140 caratteri che ha deciso –perché si sente un genio- di digitare? Trova così esacerbante, il molesto giudicatore, l’immodesto poeta della domenica, porsi la domanda del perché lui dovrebbe mettersi al di fuori di questo magma di corpi e menti che secondo lui non hanno più nome, esperienza e né un vissuto qualunque? Cosa gli dà la spinta a saltare il cerchio di fuoco che ci unisce sotto il nome di umanità, dolente, pigra, disperata, malata, disoccupata e triste.
Cosa gli fa credere di avere lui, o lei, il diritto di mirare e sparare forte il sentenzone che verrà rituittato da altrettanti entusiasti d’imbecillità?
Ma stavolta la #deriva non la scrivo solo io.
Perché il tuittatore s’inginocchi sui ceci e si penta sul serio, e perché la prossima volta eviti di dire sciocchezze, di offendere e di tirarsi fuori dalla meraviglia che compone la nostra umanità fatta di gente comune, di gente straordinaria e di gente sciocca, sarà un grande letterato a dirgliene quattro. Magari, usciti dalla mente di un grande scrittore e intellettuale -per non dire Premio Nobel, vendutissimo, famosissimo eccetera- certi insegnamenti gli saranno più utili delle mie giocose #derive.
Scrive Saramago a pagina 219 de “Lucernario”. “La normalità della gente”, pensava, “che espressione stupida! Che ne so, io, di cos’è la normalità della gente! Guardo migliaia di persone durante il giorno, ne vedo, con occhi capaci di vedere, decine. Vedo persone serie, scherzose, lente, affrettate, brutte o belle, banali o attraenti, e le definisco la normalità della gente. Cosa penserà di me ciascuna di loro? Anch’io cammino lento o in fretta, serio o scherzoso. Per alcuni sarò brutto, per altri sarò bello, o banale, o attraente. In fin dei conti, anch’io rientro nella normalità della gente. Anch’io avrò, per alcuni, il pensiero addormentato. Tutti assumiamo quotidianamente la nostra dose di morfina che addormenta il pensiero. Le abitudini, i visi, le parole ripetute, i gesti triti, gli amici monotoni, i nemici senza un vero e proprio odio, tutto addormenta. Una vita piena!... C’è qualcuno che possa dire di vivere una vita piena? Tutti ci trasportiamo al collo il giogo della monotonia, tutti aspettiamo, lo sa il diavolo che cosa! Sì, tutti aspettiamo! Alcuni in maniera più confusa di altri, ma tutti nella stessa attesa... La normalità della gente!... Detto così con questo tono sdegnoso di superiorità, è idiota. Morfina dell’abitudine, morfina della monotonia... ”.
Che sei un idiota, a questo punto non lo dico solo io.
Allora ricorda: per un uso proprio della tua intelligenza leggi prima le avvertenze e le modalità d’uso.
Commento parte 1: Il bagnetto dell'umiltà, te lo fanno fare di forza, sempre e comunque, con pseudo-giustizie, sempre parziali, questa imparzialità che fa tanto paura; e invetammo la massa, che grande invenzione. La cosiddetta "umiltà" è mostrare il culo per farselo fottere, ecco cos'è. Se permetti: umiltà un par di coglioni? NO! Umiltà un cazzo, umiltà mai e poi mai! Poi verso chi o che cosa? Verso un sistema che logora? Un sistema (esistono tanti sistemi) che sposta il benessere, e lo incanala sempre verso quel 10% di popolazione terrestre che schiavizza in modo poco o tanto invasivo l'altro 90%? No grazie. Se vuoi davvero imporre il sistema sadomaso alla realtà mostrami un contratto scritto nella realtà della veglia in modo leggibile da un cieco e che possa capirlo anche chi non capisce quella scrittura (almeno perdi tempo e rompi poco coglioni e ovaie, per modo di dire) che così lo arrotolo e ti dico cosa farci poi. Il noi esiste, è sparso nel pianeta, ed è quel 55% di persone che non sono teste di merda e che hanno capito che finché esistono teste e anime di merda l'umiltà è bene tenerla nel ripostiglio. Mi vieti 4 cazzate a livello globale e poi premi il bottone dell'esercito, l'ipocrisia ti fa una sega a 4 mani. Poi che certi idioti e idiote fanno guerra al proprio 55% è da idioti e basta, Io me ne discosto e faccio altro. E che si fotta il sistema globale di imposizione di quel 10% sul 90%, un 10% che non incontrerai mai. A me questo 10% sembra una femdom andata a male che si fotte a giro 9 uomini, e che li fotte anche svogliata e male, senza stile (e che già da queste parole pensa a come fottere con stile), (non che a me piaccia il genere realizzato sulla mia persona) e sembra proprio che tra questi 9, 5 riescono anche a non farsi fottere (altro che genialità ... applicazione della sopravvivenza). E poi, per il progresso vero, inoltre, ciò che non va proprio utilizzato, è il sistemino del cazzo delle solite strade sociali da percorrere, se vuoi seguire le vere e proprie avvertenze e modalità d'uso, quelle strade coi soliti caselli, da cui attingono le solite persone, che se percorri altre strade, il più delle volte migliori delle solite, il messaggio loro è: "come ti permetti? io lì non ci guadagno!", di facciata invece è: "è per il bene di tutti e tutte". Che poi a fingere che questo è quello e quant'altro è da bambini coi giocattoli (non lo capite che la politica neppure ha a che fare con quel 10% di persone, se non per servire quel 10% non avendoci a che fare?!): "investo e spendo dei soldi qua e dei soldi là e faccio credere questo e quello in ambito di mercato, e parole, tutti e tutte così". Che si fottano anche tutte le persone a cui non frega proprio un cazzo di tutto ciò, e che gli sta bene anche passare da quei soliti caselli costruiti con le possibilità sottratte altrui, col tempo altrui, con la fatica altrui, con gli errori altrui indotti a realizzazione dal sistema oppressivo locale o planetario che sia, con le passioni morte atrofizzate dalla merda in testa, dentro la testa delle teste di merda. E non sto citando i caselli delle autostrade o di altre strade materiali. Gli stanno bene e ti rompono la serenità perché non vuoi percorrere quelle strade solite; sul serio. Puoi scrivere e dire qualsiasi cosa, scrivere e dire, e la creatività qualsiasi sia, serve al momento per riprenderci dall'atrofia mentale del solito, non per abbassare la testa a pregare quel 10% di umanità che non incontrerai mai in una nuova religione globale sparsa in più società che crede che chi percorre e favorisce le solite strade del futuro cognitive di pseudo-progresso stia fluttuando felice e progressista nel vero progresso.
RispondiElimina
RispondiEliminaCommento parte 2: Ancora co' 'sto nazionalismo del cazzo stiamo. Di solito attaccano (i media) questa o quella società, e la massa e|o moltitudine a seguire, vestendosi di pecorismo futuristico moderno, la moda che non chiamano pecorare (mi si consenta la dialettica poetica, grazie), quando poi il sistema che favorite tutti e tutte è proprio a favore dello stesso sistema che odiate! A me (sembra non centrare un cazzo con l'argomento) certa hold-school-music piace anche perché racchiude in se le speranze di una piacevolezza assoluta per tutti e tutte, che quelle band d'altri tempi, a questo punto secolare (2013), già si aspettavano realizzata per chiunque, non per soltanto 10% di persone. Che lo strano lo osanni soltanto se ti fa guadagnare, la meschinità. Ah, non per scendere in polemica con te, bel pezzo scritto, fa ragionare e riflettere, e questo è un po' progresso: le avvertenze e le modalità d'uso non esistono come le credono, sono la Realtà, non le convenzioni umane per dare nuovi sacrifici futuristici a quel 10%.
Il turpiloquio è consono all'argomento.
Proverò, come già risposto in twitter, a creare un post in cui si possa generalizzare, perché l'argomento mi appassiona, non quello del sadomaso, ovviamente.
RispondiEliminaGentile Marco, intanto grazie per il commento, però forse dovresti rileggere e magari riformulare il tuo pensiero: che c'entra tutto arrabbiarsi con la seconda persona plurale dei TUIT? parlo di politica? Di vita? o parlo di un social media e del fatto che sono stanca di sentir parlare de la gente come fosse entità separata da sé? ciao. :D e non t'incazzare con me e lascia stare il sado maso che non è roba per te. :*
RispondiEliminaSempre impeccabilmente spietata e lucida.
RispondiEliminaAdoro.
Hai ragione... La devono smettere!
RispondiEliminaanche senza scomodare Tozzi gli altri siamo noi, quello che m'inquieta è che la brevità non ci avvicina anzi aumenta la visione dell'altro da sè. Io è un altro diceva Rimabaud, ma di quest'altro cosa ne facciamo, nulla se non inglobarlo nei nostri difetti
RispondiEliminaun caro saluto
alessandro