In realtà l’Avvocato “x” aveva la testa altrove.
Gli pareva di sentire ancora la sabbia sotto i piedi e il sole bruciargli il viso.
E infastidito, si passò l’indice tra il colletto bianchissimo e le pelle bruna.
Ma era anche stanco.
Passata la prima settimana di agosto, infatti, i bambini avevano perso la deferenza verso il padre lavoratore che arriva da lontano, e dimenticate le ammonizioni materne, avevano iniziato a trattarlo come sempre, con indifferenza.
Al termine di quelle quattro settimane da incubo, tra spiaggia chiassosa e suocera a carico, aveva tirato un sospiro di sollievo.
Loro sarebbero rimasti lì ancora un paio di settimane, e così, felice di quel tempo libero da single aveva ripreso ad andare in studio solo al pomeriggio per sbrigare le pratiche più urgenti.
In realtà, l’Avvocato “x” non pensava all’udienza prossima e guardava le labbra della Signora “y”, piccole ma forti e appena dipinte di un rossetto sobrio e perlato, muoversi nella penombra delle persiane per ribadire fatti e date che lui conosceva già.
La cliente modulava la voce per natura dolce e sottile in modo da inasprirla un po’ ogni volta che faceva il nome del marito “Umberto”, e delle numerose defaillance di cui durante quei dieci anni si era macchiato.
Ma per l’Avvocato quello non era che un dolce sottofondo: pensava ad altro.
In verità il suo sguardo si spostava ogni volta un po’ più giù, sul collo sottile e lungo e ancora più giù, seguendo il filo di un desiderio irrazionale dovuto più alla lunga astinenza matrimoniale e al caldo estivo, al sapore di mare ancora sulla pelle e a certi ricordi adolescenziali, che a una ragionata attrazione. E i suoi occhi azzurro mare, appena cerchiati di stanchezza, seguivano anche un altro filo, quello della lunga catenella d’oro, che finiva in una mezza luna appuntita e che luccicante andava a colpire come un pendolo, sollevandoli appena, i lembi dell’abito di seta chiara.
L’Avvocato “x” annuiva a tratti, ma si perdeva subito dopo tra i ciclamini in fiore, che tra le pieghe leggere dell’abito sembravano mossi da una leggera brezza primaverile.
Sentì il bisogno di un po’ d’aria.
Interruppe l’intenso monologo della cliente con un gesto della mano e si alzò per aprire l’ampia finestra alle sue spalle.
Le scarpe scricchiolarono sul legno lucido del pavimento.
C’era un silenzio tombale, quello del riposo pomeridiano e degli ultimi giorni di ferie, compresi quelli della Segretaria.
La Signora “y”, dopo essersi fermata alcuni istanti, aveva ripreso a gesticolare nel tentativo di mettere bene in fila, per ordine di gravità e di tempo, altri episodi umilianti che l’avevano condotta a quella decisione definitiva.
Il vento africano ora si muoveva libero e a tratti irruento per lo studio tra i grandi faldoni ordinati e i pesanti volumi del padre, del nonno e del bisnonno, e tra i ciclamini dell’abito che ora sembravano emanare anche un buon profumo dolciastro.
L’avvocato le fece cenno di proseguire e si puntò due dita sotto il mento.
Quella mezza luna continuava a pretendere attenzione.
Come il pendolo dell’ipnotista, produceva in lui uno strano torpore e una difficoltà fastidiosa a tener desta l’attenzione su quanto diceva la cliente mentre si concentrava tutta sulle due pieghe, distanti una dall’altra e appena diverse come due gemelle proprio lì, ai lati della scollatura a punta dell’abito.
La mezza luna si scuoteva anche, quando la donna tossiva appena nel tentativo di trattenere il pianto rabbioso di chi ha appena subito un tradimento, o si fermava di colpo, afferrata con rabbia tra le unghie rosso fuoco di pollice e indice e lì rimaneva celata per un po’, finché quel livoroso racconto, non richiedeva altri gesti ampi cui servissero entrambe le mani.
Allora, finalmente libera, la luna turca riprendeva il suo viaggio solitario in quel microuniverso fatto di pelle e peluria sottile, di minuscoli nei e di microscopiche abrasioni solari, di perle di sudore che si condensavano poi in rivoli invisibili e che finivano, ne era certo, a dissetare i ciclamini dell’abito affinché crescessero rigogliosi.
Destra, sinistra, destra, sinistra e il pendaglio indicava ora una ora l’altra piega di pelle abbronzata che preludevano a due curve morbidissime e abbondanti sotto una leggera sottoveste champagne di cui s’intravedeva il bordo, e che finalmente, dopo, ancora qualche centimetro più in là l’avrebbero condotto alla pelle opalescente e liscissima del seno quarantenne e ancora sodo della cliente.
Sa... , disse a un tratto la Signora “y” arrossendo un poco e tirando fuori dalla borsa firmata un altrettanto griffato portafogli.
Ho avuto molte spese nelle ultime settimane, tra le vacanze in Inghilterra dei ragazzi e il trasloco non ho avuto un attimo per riordinare i conti.
Poi, facendosi aria con il libretto degli assegni domandò quale fosse la cifra.
L’Avvocato “x” sembrò ridestarsi da un bel sogno, e sorpreso, balbettò qualcosa che non c’entrava niente con la causa e con il divorzio e anzi, prese tempo raccontandole in un poco professionale affanno, di sé e di quella sua vacanza orrenda. Disse anche qualcosa a proposito di sua moglie e di quella coniugale e fortissima indifferenza.
Quando vide la Signora “y” allargare i già grandi occhi scuri in un moto di compassione dolcissima, le era addosso.
Finalmente, respirava l’aria fresca e profumata dei ciclamini, finalmente, scopriva valli e colline dolcissime per dissetarsi infine, e a lungo, alle loro acque.
(Foto di Norman Parkinson)
Poetico, sensuale, scritto da dentro la mente dell'avvocato. Bello :-)
RispondiEliminaGrazie Ryan. ;))
RispondiEliminascrittura piena di meravigliosi effetti descrittivi, in un crescendo pieno di sensualità. C'è la tecnica, sempre più raffinata, e la classe. Ma quella c'era da sempre.
RispondiEliminaamedeo tommasi